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mercoledì 19 marzo 2014

non voterò la lista 'L'Altra Europa'. Il dato oramai è drammaticamente certo e ne prendo dolorosamente atto ovvero, un voto a Rifondazione, ancora una volta sedotta e abbandonata da una lista che la esclude da tutto, tranne che dalla raccolta delle firme, in nome del 'parlamentarismo' a tutti i costi, non riuscirà a mutare il segno politico ed economico di questa vergognosa e terribile europa ultracapitalista ed imperialista a livelli da guerra fredda. Non riesce e non riuscirà mai, senza una visione decisamente antagonista ed altrettanto politica che sia nettamente orientata verso l'uscita dall'euro, l'azzerameto del debito, la negazione dei trattati, votata al radicale cambiamento del sistema economico e sociale ed alla ricostruzione dal basso dei valori e della necessità del conflitto di classe. “L'Altra Europa per Tsipras" è una lista di farloccchi, comunisti pentiti e scaldapoltrone di ogni risma e che ingloba personaggi ed aree senza alcuna affinità, creando dissidi e fuoriuscite da destra e da sinistra, dissidi e fuoriuscite che ovviamente selezionano i meno esposti dal punto di vista ideologico, tendenziamente i caccia-poltrone. Ingloba tutto e tutti, no-global inteneriti dalle manganellate anni '90, para-comunisti, finanche i più ortodossi filo-NATO (vedi la situazione Ucraina) e soprattutto agguerriti europeisti tout court, sostenitori della moneta unica e, guarda caso, primi firmatari della lista stessa. Una lista preconfezionata, come ho più volte evidenziato anche durante la sua costruzione che, anche a detta di Tsipras, doveva essere “dal basso”, è tenuta insieme con lo sputo e che purtroppo ha il solo scopo, più o meno involontario di servire su un piatto d'argento una porzione, seppure ristretta, di voti pro-euro, sottraendoli ai movimenti cosiddetti “populisti”, in molti casi di destra che stanno occupando, colpa della cosiddetta “sinistra radicale”, tutte le posizioni di lotta dal basso contro la troika ed il sistema banche-finanza-capitale. Non è obbligatorio partecipare a queste elezioni farsa che legittimano questa unione europea trasformatasi nell'unione di guerrafondai, aguzzini e banchieri che sono insieme l'incubo dei popoli. Torno a dire quindi che, tra un partito comunista, anti-capitalista schietto e critico verso l'euro e l'europa e la ambigua posizione di una lista definita cautamente 'di sinistra' eurocentrica ed eurofanatica, sceglierei senza alcun dubbio la prima opzione che però, purtroppo non c'è. Siamo infatti di fronte ad uno scenario già più volte vissuto in Italia e che si ripropone anche in vista delle elezioni europee, complice sicuramente il sistema elettorale maggioritario, lontanissimo ancora oggi dal democratico concetto di “rappresentanza” e confermato anche dal recente e tardivo pronunciamento della Corte Costituzionale. Ma in questo scenario, a modesta eccezione fatta ad un piano per il lavoro mai realmente avviato, i concetti espressi da una forza come Rifondazione, quale teorica portatrice isituzionale dei valori della sinistra anti-capitalista, tendenzialmente e per natura definiti “radicali”, stando invece a ciò che “la gente” afferma man mano che “l'effetto crisi” si apre varchi anche attraverso la borghesia meno ideologizzata e più attenta per così dire al “materiale”, nel Paese ed in Europa sono sempre più decisamente maggioritari. L'obiettivo primario di Rifondazione che dovrebbe qualificare la campagna elettorale del Partito su contenuti di classe ed in particolare sui temi del lavoro (oggetto doimenticato anche dai dibattiti ormai, nonostante il congresso CIGL in corso..), conferendo alla lista un profilo chiaramente antagonistico al capitalismo europeo, si sia di nuovo smarrito, in favore di un appiattimento delle proprie posizioni più conflittuali su quelle moderate e soprattutto sul civismo antipartitico per il quale invece si fanno figli e figliastri.Quello dei M5S è populista, Spinelli & Co. sono invece degli "intellettuali. Il punto però è un partito come Rifondazione dovrebbe conquistare ed esercitare, oltre l'egemonia dei concetti, delle idee e dei valori, anche quella politica. Questo come brevemente spiegavo all'inizio, non lo si ottiene con la soppressione della questione sindacale, oramai assente anche dal dibattito, oltre che dalla lista Tsipras, nonostante sia in pieno svolgimento il congresso CGIL - ma con la chiara definizione del ruolo che i comunisti devono svolgere di fronte all'attacco che i lavoratori, schiacciati dalla crisi e dalle politiche di austerità, stanno subendo su tutti i fronti e che di fatto, impedisce ai lavoratori, ai precari, ai disoccupati, a tutti gli sfruttati, di avere una rappresentanza, consegnando il Parlamento, o ciò che ne rimarrà, nelle mani di quelle forze politiche, organiche al capitalismo, espressione degli interessi delle classi dominanti con le quali si crede ingenuamente di poter fare addirittura patti e liste unitarie. Ecco perchè invece era necessario ed urgente aprire una riflessione sullo snaturamento del sindacato e sulla deriva corporativa che la segretaria Camusso ha impresso alla CGIL, con la firma di una serie di accordi padronali, da quello del 28 giugno 2011 a quello del 10 gennaio 2014 che, presi nel loro insieme, costituiscono un combinato disposto per abbassare le tutele dei lavoratori ed inibirne gli strumenti di lotta. Per un partito comunista, non è una questione di poco conto, ma una priorità, interrogarsi su quanto si sta muovendo all'interno del sindacato e del mondo sommerso del lavoro sempre più precario e ricattato. La bassa partecipazione dei lavoratori  e la disaffezione nei confronti di un sindacato che ha abdicato al suo ruolo conflittuale e di reale rappresentanza delle istanze dei lavoratori; l'assenza di democrazia e di trasparenza nella fase congressuale; la subalternità al PD; la rinnovata intesa con CISL e UIL; l'arroccamento burocratico e la chiusura ad un confronto dialettico con i movimenti e con le realtà attive sui territori; e, soprattutto, il processo di "normalizzazione" interna volto a schiacciare ogni forma di dissenso, tanto quello di un posizione radicalmente alternativa, come quella espressa dal secondo documento congressuale, quanto quella di una categoria, come la FIOM, circa il Testo Unico del 10 gennaio. Poi, tornando al tema elezioni, vi è la cronicità della pessima gestione delle “crisi di panico pre-elettorali” come puntualmente accade ogni volta anche se con alcune differenze, con esempi come le liste arcobaleno, rivoluzione civile e ora l'altra europa, cedendo all'incanto (o al canto) di chi languido si crogiola nell'immobilismo della ricerca costante, l'alchimia delle sigle, dell'unione della “sinistra”, sperando di non trovarla mai tra l'altro poichè la cosa non gioverebbe di certo al proprio unico lavoro, degno della più scaltra delle Penelope che però, sostisuisce l'amore per Ulisse a quello per la poltrona. No, quella egemonia di cui sopra, necessaria a far ripartire il dialogo tra le lotte sociali e la politica del consenso e del governo dei Popoli, si ottiene al contrario, attraverso un coerente e deciso lavoro, facendo crescere con costanza momenti e movimenti di verità tra le persone, in particolare creando una connessione forte e democratica, di ascolto reciproco tra la politica, i movimenti operai e studenteschi ed i ceti non protetti e/o tartassati che spesso coincidono anche con i cosiddetti “analfabeti di ritorno”. Ci vuole coraggio e pazienza. E qualche burocrate in meno.

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