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sabato 22 marzo 2014

Non c'è peggior sordo di chi non vuol vedere

L'annessione con la forza da parte di Israele di Cisgiordania e Gaza è la dimostrazione pratica dei due pesi e due misure utilizzati dalla comunità internazionale occidentale le cui azioni ci vengono raccontate dai media servili come al di sopra delle parti. Questi territori non erano e non sono mai stati aggiudicati a Israele, neanche nel famoso piano di spartizione presentato all’Assemblea generale dell’ONU nel lontano 1947. Israele quindi non aveva e non ha non alcun diritto, né naturale e nè giuridico, riguardo Cisgiordania e Gaza. Nella guerra nel 1967, attraverso la quale sono stati annessi i suddetti territori, è Israele che ha sparato il primo colpo quindi va considerato l’aggressore. Inoltre, visto che i difensori di Israele citano sempre come esempio quello del Sahara occidentale, va ricordato intanto che la monarchia del Marocco non solo aveva già governato quel territorio molto prima che il colonialismo europeo lo avesse separato dal paese ma, a differenza di quanto (non) ha fatto e (non) faccia Israele nei territori annessi di cui sopra, il Marocco ha offerto la cittadinanza marocchina agli abitanti di questi territori.
Vogliamo poi parlare dell'annessione formale sempre da parte di Israele delle Alture del Golan e delle Fattorie di Sheb’a ai danni della Siria o della colonizzazione della Cisgiordania, con il chiaro obiettivo di incorporarla tutta ad Israele, tanto che ad oggi un pezzo di essa è formalmente parte del distretto di Gerusalemme. Gli israeliani affermano spesso che i territori palestinesi sono (o erano) terra di nessuno Stato ma sanno benissimo, come sappiamo noi che la Carta Bianca Britannica del 1939 afferma la piena indipendenza dello Stato Palestinese, fissandone (all'epoca) la nascita entro il 1949. La Carta dell’ONU non permette acquisizioni di territorio con la forza a nessuno Stato, questo è il punto. E che oggi si dica che l'annessione della Crimea da parte della Russia sia illegale sarebbe ridicolo se non fosse seriamente preoccupante. Sappiamo che i palestinesi continuano a essere tenuti dagli israeliani, privi di Stato, di cittadinanza e diritti e ovviamente nessuna delle popolazioni locali, in una qualsiasi delle aree occupate suddette ed in qualsiasi momento, avrebbe votato o voterebbe oggi in un referendum, per unirsi a Israele, non con i soldati in strada ma nemmeno se si votasse dentro gli autoblindo israeliani. Al contrario di quanto hanno fatto in Crimea dove, a fronte del rovesciamento di piazza di un governo eletto regolarmente in Ucraina, ordito dagli U.S.A. dall'esterno, pagando (5mld di euro) e appoggiando para-militarmente dei nazisti, l'85% dei cittadini ha scelto, con il 95% delle preferenze, di essere annesso alla Russia. A chi (s)parla di occupazione militare russa in Crimea, vorrei ricordare che il referendum è avvenuto alla presenza di osservatori internazionali che ne hanno certificato la regolarità giuridica ma a Putin si contesta la presenza dei soldati. Dico, ma voi cosa avreste fatto, avreste aspettato l'occupazione di qualcun'altro? E mi chiedo infine, come mai gli Stati Uniti non hanno imposto sanzioni a Israele per il suo accrescimento territoriale ma di fatto lo hanno sostenuto e continuano a sostenerlo fino in fondo, mentre oggi, costringono tutta l'Europa attraverso la premiata ditta Merkel & Schultz ad inasprire le relazioni con la Russia attraverso l'imposizione a partecipare alle sanzioni? Forse l'obiettivo, oltre la “riconversione” geopolitica ed economica dell'Ucraina, è indebolire entrambi i potenziali competitors, Russia ed Europa.

venerdì 21 marzo 2014

ECLISSI TOTALE

L’euro è tutt’altro che irrilevante nel consentire la sopravvivenza del sistema attuale, perché impone continuamente, qualunque sia il grado di austerità di una politica, la soluzione della deflazione salariale e perché costringe il debitore a restare eternamente tale. Ragion per cui uscire dall’euro magari non sarà la soluzione, ma certo ne è condizione sine qua non. Ecco perché  pensate un po’ – c’è gente a sinistra e non sempre gente estremista che ritiene la battaglia contro l’euro essenziale e sacrosanta. Uscire dall’euro è la proposta e partiamo da un presupposto che è quello su cui poggia tutto il discorso che segue. Immergerci in quella che crediamo essere una piscina, per poi scoprire di trovarci in una vasca di piranha, dovrebbe naturalmente indurci a tornare indietro al più presto ma accade anche che la paura e la rassegnazione blocchino testa e muscoli e si rimanga così – inerti – in attesa del terribile ed inevitabile destino. Ugualmente può accadere che, sempre credendo di concederci un bel bagno, ci si trovi nel bel mezzo di una grande pentola d'acqua in ebollizione che avevamo scambiato per le terme di Saturnia o San Casciano. Anche lì la ragione non avrebbe dubbi ma essa di nuovo, resterebbe inibita dalla rassegnazione anzi, in questo caso, l'aumento progressivo della temperatura limiterebbe anche le possibilità fisiche di evacuare la malefica trappola.
Che fare? Uscire. Ovvio. L'incoscienza è restare fermi. Inerti. 
Specifico che, in una precedente nota intitolata "NO", ho già espresso le motivazioni che dolorosamente mi hanno portato e decidere – per la prima volta nella mia vita – a non partecipare a delle pubbliche elezioni, le prossime europee, dopo aver addirittura partecipato, accettando anche la mia candidatura, alle amministrative a Roma ma, a partire dai primi di gennaio fino ad oggi, le condizioni sono decisamente peggiorate dal punto di vista politico-istituzionale e non vi sono, a mio avviso, le condizioni per esercitare questo storico ed importante diritto/dovere. Incosciente dicevo quindi, dopo questa breve parentesi personale, è aspettare il peggio che avanza inesorabile e vedremo più avanti come e perchè, con fatica, coraggio, spirito di gruppo e soprattutto istinto di sopravvivenza: U-sci-re. Coesi e solidali. Come in un esodo dal sapore antico, abbandonare miti e falsi profeti e ricacciare indietro il demone della carestia. Il CimitEuro, come una amica ha definito lo scenario che ci stiamo “inconsciamente” preparando. Oppure – più laico e meno leggendario esempio – esercitare il diritto/dovere di combattere una nuova guerra di liberazione nazionale e che sia esempio e miccia per una sollevazione continentale e mondiale. Non sono chiacchiere. Non vi sono alternative quando si viene colpiti così duramente e si percepisce il danno dei colpi ricevuti, stimando che si potrebbe arrivare al colpo mortale da un momento all'altro. Dico, non vi sono alternative al “vendere cara la pelle”, come John Wayne proclamava sempre al minuto 55 nei peggiori war-movies e old-western americani del dopoguerra, prima di gettare il cuore (ed il cavallo) oltre l'ostacolo. Proviamo a ragionare, con l'ausilio di una materia delicata e infida come l'economia politica. L’Economist che non è certo una webzine marxista-leninista, ha pubblicato all'inizio di quest'anno un grafico che potete apprezzare e che mostra le variazioni del reddito pro-capite, la quantità di PIL (prodotto interno lordo) mediamente posseduta dai cittadini di un determinato stato: un indicatore usato spesso per misurare il benessere della popolazione di un paese – dal 1999 al 2014, cioè dal debutto dell’euro sui mercati finanziari fino ad oggi. Il grafico comprende alcuni Paesi che fanno parte dell’eurozona, altri che non ne fanno parte ma che sono nell’Unione Europea ed altri extra-europei. Il reddito pro-capite è cresciuto ovunque, nonostante la crisi economica e le recessioni, meno che in Italia e ricordo, i dati sono del Fondo Monetario Internazionale.
Uscire dalla moneta unica e riconquistare il diritto al conio nazionale significa, tra le altre cose, non soltanto colpire in modo incisivo la classe dirigente che ci sta massacrando ma soprattutto rende possibile utilizzare strumenti a noi al momento interdetti. Uno tra tutti è quello della “svalutazione della propria moneta”. Strumento che ci raccontano essere una iattura ma che invece, è stato ed è ancora utilizzato dai Paesi con moneta sovrana nazionale, per aumentare le esportazioni, agendo sulla leva della domanda esterna. Ora, avete presente l'importanza del ruolo, l'incisività che potrebbe avere tale strumento, nella ripresa economica di un Paese vocato come sappiamo all'export e al turismo di qualità com'è l'Italia, in deficit commerciale cronico da quindici anni almeno? D'accordo, qui ci dobbiamo capire. Io non posso certamente, nella mia posizione ideologica ed intellettuale – che potete facilmente intuire – prendere in considerazione che so, le analisi di Arnold Harberger, George Stigler o Milton Friedman. Se, come sto facendo, prendo in considerazione obiezioni e critiche a questa “exit-strategy”, lo faccio da economisti ed analisti che, seppure attraverso differenti percorsi e strategie, hanno lavorato e lavorano per quella parte politica che possiamo definire “sinistra”. Non prendiamo queste parole come uno slogan da corteo di piazza ma ragioniamoci su. Anche dopo che in Germania, a settembre dell'anno scorso, la minaccia dell’ingresso del partito euro-scettico AfD alle elezioni tedesche è stato sventato, in Europa le voci contro la moneta unica hanno continuato a farsi sempre più pressanti, sulla base del Manifesto di Solidarietà Europea, sottoscritto da economisti soprattutto dell’eurozona e presentato a Bruxelles già a gennaio del 2013.Secondo le stime di illustri studi di economia come quello di Granville, il declino dell’export tedesco ammonterebbe al 12%, equivalente al 6% di perdita in termini di Pil. Non solo, la Germania ha un surplus del 6,5% di Pil, ben al di sopra del pur alto livello di Cina e Giappone e sappiamo che il Fmi raccomanda invece un surplus non superiore al 4%. La Germania quindi, contribuisce ad uno dei maggiori squilibri dell’economia globale, specialmente nell'eurozona del sud ma questo viene totalmente ignorato dai vertici della Commissione, dalla BCE e dallo stesso FMI. Conta o no – e quanto – a supporto di una prima analisi, seppure sommaria e puramente esplorativa, il fatto che al momento nessuna frazione delle classi dominanti europee, attraverso tutte le agenzie, i media e tutto l'apparato di informazione ad essa legato, non esprima in nessun luogo l'interesse a rompere la macchina “Euro”? Non ovviamente la GerMagna (che come abbiamo visto ci guadagna), non i nostri grandi capitalisti e neanche la classe dirigente italiana (casta) e sud-europea le quali, grazie all'alibi del cosiddetto ”vincolo esterno” sono ormai felicemente accoppiate dentro il crogiolo delle larghe intese nazionali, dispensate dall'emergenza economica (..sic!) dal rendere conto agli elettori del proprio operato. Ora, se le precedenti categorie sono quelle a cui appartieni, alle quali fai riferimento, ambisci magari a tale status oppure le consideri un punto di partenza e/o di arrivo, bene, hai intercettato un documento antagonista e puoi essere fiero della tua operazione di spionaggio ma se al contrario, sei una persona che condivide con me l'avversione alle categorie sopracitate ma conserva dubbi sul prendere una decisa posizione anti-Euro, ascolta. Da parte di economisti ed analisti anti-austerity ma scettici sulla “fuga” dall'Euro, si obietta sovente che: “svalutare ci esporrebbe ad oggi, a incertezze e rischi di gran lunga maggiori di quelli di ieri. Rischi maggiori” – si dice – di quelli che economisti pubblicamente schierati contro l'Euro – come ad esempio Bagnai – sembrano immaginare”. Questo è un punto di analisi ovviamente serio, sulla cui importanza concordo pienamente ma, pur nell’attuale situazione di turbolenza economica mondiale, consapevole che l’uscita non è (in sé) la soluzione definitiva e va considerata come l’apertura di nuovi problemi, una operazione di riconquista della sovranità monetaria comporta conseguenze ed “effetti collaterali” che devono essere assolutamente presi in considerazione. Questo significa infatti che l'abbandono della moneta unica dev'essere accompagnata da soluzioni che affrontino tali problemi, con un programma economico e politico preciso che implichi misure radicali quali la indicizzazione dei salari, il controllo dei prezzi e del movimento dei capitali, nazionalizzazioni e una forte politica industriale; lo sganciamento del nostro Paese dal riferimento preferenziale al capitalismo atlantico/anglosassone, con conseguente apertura a relazioni commerciali e di partenariato con il sud europeo, il mediterraneo, ai brics(t) e non ultima, ad altri Paesi in via di sviluppo e che abbiano progetti e programmi di ispirazione social-democratica vera, se non socialista, capaci di attrarre a sé anche un forte consenso popolare. Non quindi, come temono gli amici analisti di sinistra ma scettici sull'uscita dall'Euro, un semplice ritorno alla nazione ma la creazione di un nuovo spazio internazionale. Un primo passaggio – mi rendo conto – molto radicale e ambizioso e che proprio per questo fatica ad essere addirittura prospettato, proposto, men che meno tentato ma la situazione sociale diverrà insopportabile e questo passaggio, disseminato di trappole, rischi ed incognite, è una svolta storica, la virata decisa attraverso la quale prima o poi dovremo impegnarci, pena l'estinzione a morsi (dei piranha) o la bollitura di cui all'inizio. Nel restare fermi ed inermi. In attesa, tentando di sopravvivere tra una rata del SUV ed un suicidio, non ci sono grandi incognite, tranne sapere se troveremo parcheggio vicino ai carrelli del discount, chi vincerà Sanremo o lo scudetto. C’è piuttosto la certezza di andare verso il completo impoverimento, prima culturale, poi sociale ed economico del Paese e condizioni caste impenetrabili e di schiavitù irreversibile. Un futuro a dir poco raccapricciante ma che, come potremmo dire per l'ambiente e la Terra, possiamo scegliere se cominciare ad affrontarlo e prenderlo di petto subito, inequivocabilmente oppure – vigliaccamente – lasciare che le generazioni future debbano occuparsene senza speranza di riuscire a liberare se stessi ed il pianeta da questa dannata maledizione. A voi la scelta.

mercoledì 19 marzo 2014

non voterò la lista 'L'Altra Europa'. Il dato oramai è drammaticamente certo e ne prendo dolorosamente atto ovvero, un voto a Rifondazione, ancora una volta sedotta e abbandonata da una lista che la esclude da tutto, tranne che dalla raccolta delle firme, in nome del 'parlamentarismo' a tutti i costi, non riuscirà a mutare il segno politico ed economico di questa vergognosa e terribile europa ultracapitalista ed imperialista a livelli da guerra fredda. Non riesce e non riuscirà mai, senza una visione decisamente antagonista ed altrettanto politica che sia nettamente orientata verso l'uscita dall'euro, l'azzerameto del debito, la negazione dei trattati, votata al radicale cambiamento del sistema economico e sociale ed alla ricostruzione dal basso dei valori e della necessità del conflitto di classe. “L'Altra Europa per Tsipras" è una lista di farloccchi, comunisti pentiti e scaldapoltrone di ogni risma e che ingloba personaggi ed aree senza alcuna affinità, creando dissidi e fuoriuscite da destra e da sinistra, dissidi e fuoriuscite che ovviamente selezionano i meno esposti dal punto di vista ideologico, tendenziamente i caccia-poltrone. Ingloba tutto e tutti, no-global inteneriti dalle manganellate anni '90, para-comunisti, finanche i più ortodossi filo-NATO (vedi la situazione Ucraina) e soprattutto agguerriti europeisti tout court, sostenitori della moneta unica e, guarda caso, primi firmatari della lista stessa. Una lista preconfezionata, come ho più volte evidenziato anche durante la sua costruzione che, anche a detta di Tsipras, doveva essere “dal basso”, è tenuta insieme con lo sputo e che purtroppo ha il solo scopo, più o meno involontario di servire su un piatto d'argento una porzione, seppure ristretta, di voti pro-euro, sottraendoli ai movimenti cosiddetti “populisti”, in molti casi di destra che stanno occupando, colpa della cosiddetta “sinistra radicale”, tutte le posizioni di lotta dal basso contro la troika ed il sistema banche-finanza-capitale. Non è obbligatorio partecipare a queste elezioni farsa che legittimano questa unione europea trasformatasi nell'unione di guerrafondai, aguzzini e banchieri che sono insieme l'incubo dei popoli. Torno a dire quindi che, tra un partito comunista, anti-capitalista schietto e critico verso l'euro e l'europa e la ambigua posizione di una lista definita cautamente 'di sinistra' eurocentrica ed eurofanatica, sceglierei senza alcun dubbio la prima opzione che però, purtroppo non c'è. Siamo infatti di fronte ad uno scenario già più volte vissuto in Italia e che si ripropone anche in vista delle elezioni europee, complice sicuramente il sistema elettorale maggioritario, lontanissimo ancora oggi dal democratico concetto di “rappresentanza” e confermato anche dal recente e tardivo pronunciamento della Corte Costituzionale. Ma in questo scenario, a modesta eccezione fatta ad un piano per il lavoro mai realmente avviato, i concetti espressi da una forza come Rifondazione, quale teorica portatrice isituzionale dei valori della sinistra anti-capitalista, tendenzialmente e per natura definiti “radicali”, stando invece a ciò che “la gente” afferma man mano che “l'effetto crisi” si apre varchi anche attraverso la borghesia meno ideologizzata e più attenta per così dire al “materiale”, nel Paese ed in Europa sono sempre più decisamente maggioritari. L'obiettivo primario di Rifondazione che dovrebbe qualificare la campagna elettorale del Partito su contenuti di classe ed in particolare sui temi del lavoro (oggetto doimenticato anche dai dibattiti ormai, nonostante il congresso CIGL in corso..), conferendo alla lista un profilo chiaramente antagonistico al capitalismo europeo, si sia di nuovo smarrito, in favore di un appiattimento delle proprie posizioni più conflittuali su quelle moderate e soprattutto sul civismo antipartitico per il quale invece si fanno figli e figliastri.Quello dei M5S è populista, Spinelli & Co. sono invece degli "intellettuali. Il punto però è un partito come Rifondazione dovrebbe conquistare ed esercitare, oltre l'egemonia dei concetti, delle idee e dei valori, anche quella politica. Questo come brevemente spiegavo all'inizio, non lo si ottiene con la soppressione della questione sindacale, oramai assente anche dal dibattito, oltre che dalla lista Tsipras, nonostante sia in pieno svolgimento il congresso CGIL - ma con la chiara definizione del ruolo che i comunisti devono svolgere di fronte all'attacco che i lavoratori, schiacciati dalla crisi e dalle politiche di austerità, stanno subendo su tutti i fronti e che di fatto, impedisce ai lavoratori, ai precari, ai disoccupati, a tutti gli sfruttati, di avere una rappresentanza, consegnando il Parlamento, o ciò che ne rimarrà, nelle mani di quelle forze politiche, organiche al capitalismo, espressione degli interessi delle classi dominanti con le quali si crede ingenuamente di poter fare addirittura patti e liste unitarie. Ecco perchè invece era necessario ed urgente aprire una riflessione sullo snaturamento del sindacato e sulla deriva corporativa che la segretaria Camusso ha impresso alla CGIL, con la firma di una serie di accordi padronali, da quello del 28 giugno 2011 a quello del 10 gennaio 2014 che, presi nel loro insieme, costituiscono un combinato disposto per abbassare le tutele dei lavoratori ed inibirne gli strumenti di lotta. Per un partito comunista, non è una questione di poco conto, ma una priorità, interrogarsi su quanto si sta muovendo all'interno del sindacato e del mondo sommerso del lavoro sempre più precario e ricattato. La bassa partecipazione dei lavoratori  e la disaffezione nei confronti di un sindacato che ha abdicato al suo ruolo conflittuale e di reale rappresentanza delle istanze dei lavoratori; l'assenza di democrazia e di trasparenza nella fase congressuale; la subalternità al PD; la rinnovata intesa con CISL e UIL; l'arroccamento burocratico e la chiusura ad un confronto dialettico con i movimenti e con le realtà attive sui territori; e, soprattutto, il processo di "normalizzazione" interna volto a schiacciare ogni forma di dissenso, tanto quello di un posizione radicalmente alternativa, come quella espressa dal secondo documento congressuale, quanto quella di una categoria, come la FIOM, circa il Testo Unico del 10 gennaio. Poi, tornando al tema elezioni, vi è la cronicità della pessima gestione delle “crisi di panico pre-elettorali” come puntualmente accade ogni volta anche se con alcune differenze, con esempi come le liste arcobaleno, rivoluzione civile e ora l'altra europa, cedendo all'incanto (o al canto) di chi languido si crogiola nell'immobilismo della ricerca costante, l'alchimia delle sigle, dell'unione della “sinistra”, sperando di non trovarla mai tra l'altro poichè la cosa non gioverebbe di certo al proprio unico lavoro, degno della più scaltra delle Penelope che però, sostisuisce l'amore per Ulisse a quello per la poltrona. No, quella egemonia di cui sopra, necessaria a far ripartire il dialogo tra le lotte sociali e la politica del consenso e del governo dei Popoli, si ottiene al contrario, attraverso un coerente e deciso lavoro, facendo crescere con costanza momenti e movimenti di verità tra le persone, in particolare creando una connessione forte e democratica, di ascolto reciproco tra la politica, i movimenti operai e studenteschi ed i ceti non protetti e/o tartassati che spesso coincidono anche con i cosiddetti “analfabeti di ritorno”. Ci vuole coraggio e pazienza. E qualche burocrate in meno.

martedì 18 marzo 2014

Lo vedi? Ecco, Marino..

<<< Nella foto accanto la grandissima Gabriella Ferri in un gesto eloquente, durante una sua interpretazione del famoso brano: "'na gita a li castelli".
Lo vedi? Ecco, Marino aveva detto a dicembre, nel pieno della bagarre sulla apertura-chiusura del bilancio 2013 che il bilancio del 2014 inevitabilmente piegato al "salvaroma", si sarebbe dovuto discutere in assemblee pubbliche con i cittadini nei Municipi. Tra l'altro, c'era anche un avviso, precedentemente pubblicato sul sito di Roma Capitale (ma ora scomparso) che annunciava in pompa magna l’apertura del dibattito in oggetto alle realtà produttive e sociali della città. Che fine ha fatto? Mi pare invece che la prospettiva di cambiamento promessa agli elettori in campagna elettorale non si realizzerà affatto se non in peggio. Attraverso i dictat goverrnativi a loro volta dettati dalla troika e dalla Merkel, ci stiamo avviando infatti verso un commissariamento di fatto che facendo esattamente l'opposto a ciò che dovrebbe risollevare le classi più deboli, privatizzerà e venderà i beni pubblici quindi, non solo toglierà quel poco di ossigeno alla già precaria situazione economica ma renderà impossibile il realizzarsi delle tanto attese promesse di partecipazione fatte chiedendo voti e fiducia alle associazioni. Io non ci ho creduto dall'inizio, adesso è il momento della verità, anche per quei "pentiti" di Rifondazione che avrebbero voluto come candidato al posto di Sandro Medici, per i "compagni" di SEL eletti nella coalizione e per coloro che ancora insistono nel voler fare liste insieme a questa gente. 

martedì 11 marzo 2014

COS'E'?

Non ho molta voglia di dibattere e commentare a proposito di una lista che fa acqua da tutte le parti ma almeno mi chiedo - per curiosità - di chi sarà stata la risolutiva intuizione, chi avrà avallato l'idea - che in nome dell'unità della sinistra, sia atto dovuto cancellare dal simbolo la parola "sinistra"? Io sono un po' stufo. Molto stanco, oneastamente. Buonanotte, lascio la parola a Pablo. Pablo Neruda: "Sono passati diversi anni da quando sono entrato nel partito. Sono contento. I comunisti formano una buona famiglia…Hanno la pelle dura e il cuore temprato. Dappertutto prendono bastonate. Bastonate esclusive per loro. Viva gli spiritisti, i monarchici, gli aberranti, i criminali di vario grado. Viva la filosofia con fumo ma senza scheletro. Viva il cane che abbaia e morde, viva gli astrologi libidinosi, viva la pornografia, viva il cinismo, viva il gambero, viva tutti, meno i comunisti. Viva le cinture di castità, viva i conservatori che non si lavano i piedi ideologici da cinquecento anni a questa parte. Viva i pidocchi delle “poblaciones” miserabili, viva la fossa comune gratuita, viva l’anarco-capitalismo, viva Rilke, viva André Gide con il suo Corydon, viva qualsiasi misticismo. Va tutto bene, tutti sono eroici. Tutti i giornali devono uscire. Tutti possono essere pubblicati, meno quelli comunisti. Tutti i politici devono entrare a Santo Domingo senza catene. Tutti devono celebrare la morte del sanguinario Trujillo, meno quelli che più duramente lo hanno combattuto. Viva il carnevale e gli ultimi giorni di carnevale. Ci sono maschere per tutti. Maschere di idealista cristiano, maschere di estremista di sinistra, maschere di dame benefiche e di matrone caritative. Però, attenzione, non fate entrare i comunisti. Chiudete bene la porta. Non vi sbagliate, non hanno diritto a nulla. Preoccupiamoci del soggettivo, dell’essenza dell’uomo, dell’essenza dell’essenza. Così saremo tutti contenti. Abbiamo la libertà. Com’è grande la libertà! Loro non la rispettano, non la conoscono La libertà di preoccuparsi dell’essenza…dell’essenziale dell’essenza." 

sabato 8 marzo 2014

POLTRONE SI', PER FARCI LE SCARPE.

Stimolato da una conversazione, l'argomento è ancora la imminente consultazione elettorale europea e non parlerò solo di poltrone in quanto tali, anche se i privilegi di un europarlamentare non sono certamente da sputarci su, per chi ha anche ambizioni a riguardo. Il fatto è che le due cose tra loro, poltrone e attuale sistema economico-politico, sono indissolubilmente legate, tanto che affermo che la UE non è riformabile così com'è e la moneta unica una jattura dalla qualche bisognerebbe assolutamente liberarsi. Tra l'altro la GUE/NGE altrimenti detta Sinistra Unitaria Europea - Sinistra Verde Nordica, non è certamente un covo di pericolosi comunisti e non aspettiamoci di certo grandi rivoluzioni anche perchè la coalizione in questione è guidata dal 2009 da due tedeschi di ispirazione certamente non marxista e comunque cautamente non troppo lontasi dalla SPD. Prima con Lothar Bink, poi sostituito come segretario - da un paio d'anni - dalla Gabriele Zimmer, la GUE/NGE vive dell'apporto determinante dei voti della tedesca Die Linke, rispettabile formazione di ispirazione socialista democratica che è riuscita in Germania a riunificare un vasto ed eterogeneo panorama dove trovano rappresentanza minima anche i comunisti, alcuni appartenenti a formazioni che affondano le proprie radici ideologiche nella vecchia DDR. Dobbiamo anche sapere che nella GUE/NGE, i tedeschi di Die Linke detengono da soli 1/3 dei circa 30 seggi (sui più di 700 disponibili) di 13 nazioni rappresentate con poco più di un seggio medio a testa, eccezzion fatta per la Francia che ne ha 3 o 4. Figuriamoci quanto la GUE/NGE abbia voglia in questo quadro, di mettersi a fare la kamikaze anti-euro come una vera Sinistra Anti-Capitalista dovrebbe invece fare. L'Italia, per la cronaca, non è presente con alcun seggio, anche se della coalizione fanno parte sia Rifondazione Comunista che il PdCI (ed è tutto dire), Ora però seguiamo il discorso sul legame tra poltrone, privilegi ed il sistema vigente ad oggi. La lobby economico­-politica al potere ha diversi strumenti di persuasione e gratificazione, diciamo bastone e carota e utilizza, in questo specifico caso ovvero la politica, una seconda cerchia di personaggi, giornalisti ed elementi di grande influenza sia mediatica che economica, specialmente all'interno delle organizzazioni politiche (i partiti) che non solo non hanno ma non vogliono, non sono capaci diciamo di nessuna autonomia di pensiero nè tantomeno di azione. E' gente cresciuta nelle università "templari" del capitalismo liberista mondiale e sono quella cerchia che alcuni (molti) usano chiamare la "casta". Essi sono totalmente al servizio della lobby di cui sopra e non solo vengono ampiamente gratificati in quanto convinti sostenitori del capitalismo globale, sia in termini di soldi che di carriera ma hanno a disposizione anche i fondi per creare scuole, correnti, organizzazioni para-sindacali, gruppi di opinione e consenso attraverso "Class Actions" e via così, fino ad arrivare alle fondazioni, fenomeno che credo conosciamo bene. E non a caso, infatti, sono i maggiori sostenitori, in modo del tutto trasversale dei governi delle larghe intese, del maggioritario e del "superamento" dei partiti e delle ideologie. Bene, a tali personaggi è consentito anche di sforare ogni tanto e fare come si suol dire il "pesce in barile" ovvero - per esempio - esprimere pubblicamente delle moderate critiche al modus operandi del sistema lobbistico, in modo che si abbia noi, umile utenza che non è in grado di capire il grande sforzo che questi eroi, salvatori della patria fanno, nello stare assieme al governo di una nazione così ingrata e disgraziata, l'impressione che vi sia un dibattito interno sulle percentuali di bastone e di carota che lorsignori sono chiamati responsabilmente, obtorto collo a somministrarci. C'è poi una terza fascia di maramaldi e truffatori e che diventa anche quarta o tredicesima, è quella dei famosi prezzolati ovvero, coloro che sanno benissimo ma sono assolutamente acritici, che è un sistema questo che porta dritti allo sfascio della democrazia così come i nostri nonni, fumando poco e male in quei gelidi rifugi partigiani, hanno immaginato di consegnarcela e, vedendo che non c'è più nulla da fare cercano di salvare il proprio bianco culetto nel migliore dei modi, mettendolo possibilmente al calduccio di un eurocuscino, navigando a vista e cercando di anno in anno, mese o settimana, di trasformarsi sempre, mantenendosi equidistanti dalle parti in causa. E allora che fanno? Un giorno supplicano la Merkel di cambiare la politica della Germania, sapendo già che un Paese come quello tedesco che ha fatto dell'euro la sua arma ricattatoria da brandire contro tutti gli altri "partners" europei e dell'Europa il proprio dominio economico e politico, ormai non solo non vuole ma se anche (per pura ipotesi) volesse cambiare questo sistema non potrebbe farlo poiché è settata per espandersi economicamente e politicamente in questo sistema. Sarebbe come spostare una balena in un acquario insomma anzi, sarebbe come pretendere - senza nessuna ragionevole speranza - che dal mare in un acquario ci entrasse di sua sponte e volontà. Mi sembra assolutamnte poco credibile. Un altro giorno (parlo sempre dei prezzolati) annunciano grandi intenti per invertire il trend depressivo dell'economia e ridare "aria agli investimenti" che puntualmente invece scopriam o essere acqua e non certamente aria, al solito mulino. Tutto ciò in cambio di privilegi di ogni sorta e, se necessario, anche con qualche ricatto. Tutto questo, in una qualche forma diversa, l'avevo e l'ho già scritto ma ora spero di essermi spiegato sul meccanismo d creazione del consenso-assenso attraverso l'uso delle cosiddette "poltronone, poltrone e poltroncine", in questo sabato dedicato all'analisi del mobilio/calzatura. 

NON E' UN PAESE PER VECCHI. NON E' UN PAESE E BASTA.

Gli anti-europeisti veri – dice la propaganda della sinistra allineata a Martin Schulz (per la cronaca, quello che minaccia guerra a chi critica il governo nazista e golpista di svoboda in Ucraina e s'incazza se B. lo chiama kapò) – sono quelli che difendono questo mostro di UE. Ma allora, dico. Ma questi della lista pro-Tsipras ci sono o ci fanno? 
Ci fanno. Ci fanno eccome, altro che nemici dell'Europa, qui si tratta di nemici del popolo ovvero la miscela di anti-comunisti, liberaldemocratici, democristiani, leccaculo e salottieri filo-fascisti, torbide seconde figure del centro-sinistra dimenticati in un angolo, selezionati dall'alto de “L'Espresso” con tanto di metodo di forzitaliota memoria, altro che manuale Cencelli. Questi qui hanno solo l'obiettivo di una poltrona a Bruxelles e Strasburgo, con tanto di annessi e connessi e si guardano bene infatti, dal prendere una precisa posizione rispetto alla BCE e alla moneta unica, né più né meno di come fanno il PD e tutti gli organici al sistema PSE. Tanto è vero che nella lista stessa vengono accolti ad esempio amministratori SEL, incompatibili con una lista che dovrebbe affrontare seriamente anche casi come l'ILVA di Taranto, come sottolinea sbattendo giustamente la porta Antonia Battaglia e, con la scusa di “recuperare” pezzetti di Sinistra sparsa, si persegue invece opposto, creando lacerazioni profonde all'interno della sinistra stessa, quella vera, popolare e sì, dal basso, con il risultato, anch'esso voluto, di annacquare anche le più timide critiche al sistema stesso, con il contentino della critica alla gestione - del sistema -
La cantilena lamentosa, generica (nel senso che non si rivolge a nessuno) e ordinaria (nel senso che è ormai trita e logora) contro l'austerity è ormai presente ovunque, con toni ovviamente diversi per ragioni di “target”, dai liberali ai forzitalioti, dai piddini ai vendoliani per finire con democristiani e chi più ne ha più ne metta, anche nelle enclavi storiche del capitalismo come Nomisma di Prodi etc. Nella lista "dal basso" chiamata genericamente e pateticamente "L'Altra Europa con Tsipras" infatti, l'influenza di Rifondazione Comunista (che ha come al solito le sue colpe) è ormai praticamente nulla, ridotta come sempre in questi casi (vedi la lista Ingroia per citare l'ultima scellerata scelta “strategica”) a questuante di qualche avanzo di seggiola da rosicchiare, così come ripulita dal “mobbing liberista” la presenza di elementi davvero antagonisti come Casarini e Battaglia, con buona pace di Spinelli, la fascista Grasso e compagnia bella. Tutta gente che continua a sostenere i governi Monti, Letta, Renzi e così via. Forse è una lista che serve a qualcuno per prendere una pensione europea o per sistemare qualche nipote radical-chic in qualche ufficio tra Bruxelles e Strasburgo, oppure basta a malapena a Tspiras per provare a diventare premier in Grecia, senza però ben inteso, mettere in discussione il modello economico. Qual'è altrimenti l'utilità di tanta attenzione a non far incazzare nessuno? Sembra davvero la scena di Gianni Agus, alias “il direttore” alle prese con l'impiegato Giandomenico Fracchia (Paolo Villaggio) costretto a far finta di prendere a calci la propria scintillante FIAT 500L nuova di pacca, in nome di un capriccio finto-radical del direttore Agus che incontrandolo all'uscita, dopo il lavoro, gli impone invece il suo punto di vista sulle pessime abitudini borghesi degli impiegati in macchina dato che lui, a casa sua, ci va a piedi, non avendo fatto un benemerito cazzo tutto il giorno. Eccola, questa bella lista "dal basso" così come la si voleva (raccontare) e beato chi ci crede, all'Europa. E' una Europa quella di cui parliamo, ovvero quella reale, serva e sottomessa alla NATO e braccio armato (economicamente parlando) del FMI, come mai prima d'ora. Un mostro imperialista che nulla ha a che vedere con l'Internazionalismo con cui credete di avere a che fare, cari compagni che raccogliete le firme per la lista pro-Tsipras italiana.Per questa gentaglia. Domandatevi allora mentre chiedete firme e fiducia alle persone, se e quanto sia "di sinistra", promuovere un progetto imperialista come quello europeo invece di rigettarlo così come è stato creato, mistificando obiettivi e ragioni del proprio essere ed agire, politico, economico e militare. Un'Europa che adotta gli stessi metodi della NATO e della CIA, per cooptare interi Paesi e comunità allo scopo di sfruttarne risorse e manodopera, per trarne corsie preferenziali (TAV) e benefici solo per una élite di imprenditori, banchieri e finanzieri, come nel caso ucraino dove sappiamo, chiudendo gli occhi e girandosi dall'altra parte di fronte alle atrocità e alle violenze, al pericolo di una guerra civile, non ha esitato comunque a prestare insieme agli USA, tutto l'appoggio possibile ai gruppi neo-nazisti, autori del colpo di stato e la contemporanea negazione dell'esercizio democratico del referendum che ha indicato il passaggio della Crimea alla Russia. No. Mi spiace cari "compagni". Not In My Name.
Tornando quindi a noi, al discorso italiano legato a queste dinamiche, attendo infatti (e purtroppo senza molte speranze) il momento in cui - dopo le elezioni europee di cui parliamo - si scoprirà finalmente in cosa consiste il cosiddetto “job act” del nostro “baby-premier” tutto pepe.
Col cazzo infatti che Matteo Renzi lo ha chiamato WORK-ACT, troppo impegnativo, meglio il piccolo (smart..sic!) “job”. Possibilmente mini-job, dettato all'Italia dalla troika e già di fatto anticipato da Olli Rehn. E' praticamente un suicidio di massa, con la disoccupazione che salirà oltre il 20%, escludendo partite iva fasulle che ancora oggi si vanno moltiplicando. Il crollo verticale della domanda interna rispetto al PIL farà il resto poiché conseguentemente al crollo della domanda lo stesso PIL continuerà a scendere, inversamente proporzionale al debito ad esso agganciato, con i relativi interessi passivi. A quel punto avremo una nuova scusa (o “spread”) per una ulteriore tranche di saldi e svendita del patrimonio ed un nuovo taglio dei salari che toccheranno la soglia degli 800 euro al mese. Entreranno progressivamente nel frattempo a pieno regime anche le riforme pensionistiche della singhiozzante ministra Fornero, rendendo anche il pensionamento un miraggio appena visibile, dopo 50 anni di lavoro continuativo che non esiste. Immaginiamo quindi cosa sarà la nostra comunità nazionale, con i tagli alla sanità pubblica che vi saranno, un Paese di vecchi malandati e rincoglioniti da Sanremo e dalle lotterie. Allora - e mi rivolgo ai compagni - si scoprirà forse troppo tardi, il valore di una intransigente opposizione anche oggi lasciata – purtroppo – ai fascisti e ai liberisti, passando per i nazionalisti e i leghisti, anche se ovviamente in altre forme.
Non abbiamo certamente bisogno di questa lista e non così. Ci vuole una contrapposizione netta e intendiamoci, non vetero-retorica oppure, come coloro più realisti del re amano definire l'intransigenza degli altri, “residuale testimonianza” ma, tanto per accontentare anche i più scettici e ortodossi sostenitori della real politik, anche come pura e semplice strategia tattica.

DOMANI ACCADDE

Mi chiedevo all'epoca: secondo quale logica, si dovrebbe ritenere "costituzionale" e "democratico", come Obama continua ad imporre alla Merkel ed entrambi continuano a raccontare, che un governo, legittimamente eletto dai cittadini di quel Paese, debba essere sovvertito da un colpo di stato e allo stesso tempo, non si da la stessa valenza ad un regolare referendum per il quale una Regione di quello stesso Paese decide di sganciarsi da una imposizione esterna?  Farà senz'altro comodo a qualcuno impegnare la Russia e l'Europa in una guerra fredda che paralizzerà le due economie e la loro espansione no?! No, non parlo di quello che è accaduto nel "lontano 2014" in Ucraina e nello specifico del referendum, in Crimea. Parlo di quello che accadrebbe da noi in Italia (e in Europa), se a partire da una fantomatica presa di coscienza e indignazione per il nuovo patto transatlantico ed il nuovo restringimento del cappio di Olli Rehn si dovesse miracolosamente aprire la testa delle persone e con essa un vero fronte politico compatto anti-Euro e  anti-Bruxelles e, conseguentemente a ciò, uno scenario in cui la stessa Italia (e magari a seguire Spagna, Portogallo, Grecia) fossero governate da persone serie e determinate, a loro volta votate da persone serie e determinate a svincolarsi dal controllo diretto dell'EUROpolizia. Se poi "democraticamente" cioè via referendum - si scegliesse la strada della definitiva rottura con l'euro ed i trattati e ci si sganciasse inequivocabilmente da USA e Germania, come credete che andrebbe a finire?  Come in Egitto? In Libia? Oppure ancora prima in Iraq o in Afghanistan? O magari come in Venezuela o, senza allontanarsi troppo e per restare in ambiti più conosciuti e meno esotici, come nel "lontano 2014"  in Ucraina. No, non c'è nulla da temere, da noi non accadrà mai nulla di tutto ciò. Noi non facciamo arrabbiare nessuno. Tutto sommato abbiamo già abdicato da tempo come Popolo e come Italia siamo già una piccola Crimea, nella grande Ucraina che è l'Europa, subordinata a NATO e FMI.  Accettiamo il nostro suicidio di massa, la disoccupazione al 20% (escludendo partite iva fasulle) ed il crollo verticale della domanda interna rispetto al PIL, come se fossimo davvero convinti che tutto ciò è per il nostro bene e sorridiamo anzi, ce la ridiamo con o su Grillo e Casaleggio, non fa molta differenza. L'importante è sapere a memoria ognuno di noi, la nostra parte del copione. Un po' come  in quelle canzoncine che ultimamente si cantano a squola; quella scuola pubblica sempre più allegramente depressa e somigliante come tutto ciò che sorride, ad un fermo immagine, un imbambolamento, l'effetto tragicomico di un ictus, con conseguernte paresi facciale. Del resto lo sappiamo un po' tutti. Dentro ognuno di noi c'è questa verità. Sappiamo bene o come minimo lo percepiamo distintamente, in fondo al nostro cuore o dove è rimasta un po' di dignità che il vero scopo di tutto ciò che fanno (e non che accade), nonostante i bombardamenti mediatici continui, spesso a "bassa intensità" dei Monti, i Prodi, Letta e oggi i Renzi, non è quello di guarire le piaghe economiche di questo sistema infernale ma di ridurre la democrazia, i diritti del lavoro, il welfare, lo Stato. E svendere tutto ciò che è possibile svendere, a cominciare dal nostro benessere psico-fisico.
PS* A proposito di svendere tutto e anche noi, spero vi passi la voglia di ridere. cari sVendola & Co. poiché vi ricordo, anche se Repubblica non lo dice che è cominciato il processo ILVA. Non accadrà ma è tra le sbarre che vorrei vedere te e i tuoi compari, altro che indeciso tra Schulz e Tsipras, a meditare sulla "narraffione" del Popolo che hai tradito. Buona domenica.

sabato 1 marzo 2014

ObbroBobbio Bariccato

Evidente che nelle (in)credibili minchiate che scrive il sindaco finto-secchione dell'italietta in mutande c'è la zampetta del salottaio baricco. Un po' come quell'enologo che, con la compiacenza dell'imprenditore di turno e convinto (..e ha ragione...sic!) di fregarci, trasforma il vino in marmellata di rovere.
Io da parte mia, non riuscendo più a sopportare il peso della resa incondizionata alle paracule retoriche post-ideologiste vi sto - lentamente e con profonda e delusa tristezza - felicemente abbandonando al vostro plastico destino di colonia aviaria. Buona domenica, italia di merda. A me il sangiovese, a te lo Shiraz.