ARGOMENTI:

sabato 14 novembre 2015

Non ho paura dell’amore ma al contempo odio

Odio il fanatismo. Soprattutto quello pilotato e foraggiato, i suoi acronimi vuoti ma altisonanti, amplificati dai media e dai ministeri della guerra. Quei nemici fatti in casa come le tagliatelle, intangibili, sovente immaginari. Icone sacrificate ad orologeria sull’altare del consenso, al posto delle vere bande, dei loro capi in carne ed ossa e dei loro finanziatori occulti, spesso entrambi con passaporti USA e UE, altro che barconi e clandestini. 
Odio l’antifanatismo, altrettanto ortodosso ed ottuso, quello di moda, perbenista e di circostanza come quello di Fazio e Saviano, o quello intellettuale ed autorevole che si stordisce del privilegio di ascoltare musica classica con “Aural Pleasure” di Hart Audio D&W, agitando Bach come fosse una spada crociata  e feroce critico della barbarie altrui, resta sordo al boato delle nostre bombe intelligenti. Poi c’è l’antifanatismo altolocato delle Fallaci e dei Ferretti (una new entry) che discute fragorosamente del nulla, facendo finta di credere che a muovere la violenza sia l’esaltatazione di una imminente invasione barbarica, in nome di una dottrina religiosa, combinata ad antiche rivalse e frustrazioni di carattere culturale. Per non parlare infine dell’antifanatismo nazional-dozzinale, quello delle fotine con i nastrini sulle torri o sulle bandierine ormai (vedi foto) prodotte in serie come fossero dei gadget, a voler dire: “sì, l’ho letto anch’io, che disgrazia terribile”. STOP. Come se le disgrazie (o le crisi) non avessero una matrice o quantomeno una storia da raccontare e soprattutto da conoscere, magari per evitarne di nuove altrettanto terribili quanto “sorprendenti”. 
Odio il terrorismo astratto, strumentalmente bollato come intangibile. Sostenuto o perseguito ad intermittenza dai suoi creatori, burattinai o ipocriti detrattori all’occorrenza, i quali ci fanno sbavare addosso da pseudo-politici - quelli si intangibili - i loro finti necrologi quando la loro creatura mostruosa si trasferisce da est ad ovest seminando morte e sdegno, senza mai sfiorare le loro comode poltrone di amministratori e strateghi del cazzo.
Odio l’antiterrorismo che si assume il dovere dell’esclusione di alcuni cittadini secondo ideali, origine, religione, sesso e colore e persuade comunque gli inclusi dell’ineluttabilità della rinuncia alla libertà, ai diritti, alla politica rappresentativa e alle garanzie democratiche, in nome di una emergenza senza fine.
Odio la democrazia. Quella da esportazione che ha iniettato un veleno mortale. Quello dei conflitti cosiddetti umanitari, approvati prima, dopo o per niente (tanto chi se ne frega) dall’Onu - talmente umanitari da provocare fame, dissipazione di risorse utili per eserciti inutili, morte, distruzione e repressione. Ma anche quelle guerre cosiddette difensive. Magari a difesa di beni e privilegi coloniali, giardini dell’eden gonfiati con l’acqua sottratta ai vicini dalle vite schiacciate dietro un muro illegale. Un veleno che una volta entrato in circolo, si nutre della disillusione e del cinismo di chi si volta dall’altra parte, sperando di non essere colpito.
Odio la guerra. Quella che mi costringe in prima linea ad un concerto metal, al bancone di un bar e portare a casa la pelle per coincidenza fatale perchè - mi dicono - siamo in guerra. Guerra che non ho voluto né deciso. Intanto meno fortunati di me, gente comune, lavoratrici e lavoratori, giovani precari e famiglie intere pagano il conto. No, non quei 20 euro del ristorantino etnico dove hanno sottratto un paio d’ore del venerdì sera al pensiero della bolletta o dell’affitto rimanendoci secchi. Questi disgraziati come noi, hanno pagato il conto della tracotante inconsistenza di leader, manager e generali ottusi. Non eletti ma protetti.  Così come per gli stessi motivi, pagano con la vita intere popolazioni innocenti che subiscono continui bombardamenti.
Odio la pace, quella sociale invocata dalla voce registrata e diffusa da ologrammi 3D con sembianze di papa buoni e presidenti di questa Res Pubica mentre audaci nipotini fichetti e veline - eletti/e nei resti del partito fondato da Gramsci e Bordiga - mi dichiarano guerra. Guerra al lavoro, alla giustizia, ai diritti, alla prevenzione e alle cure, alla conoscenza, alla libertà, ai beni pubblici, al territorio. Alla stessa sovranità dello Stato laico sulla chiesa e alla sovranità dello Stato sulla finanza.
Odio la diseguaglianza, carburante che alimenta il motore della guerra infinita. Irresponsabile fonte di opulenza per pochi e perenne iattura per gli altri. Una sciagura inflitta per legge dal più forte, con l’arma del rifiuto e dell’esclusione che incrementa marginalità, risentimento e frustrazione. Il Mondo come una macabra cartina geografica con zone vivaio della miseria, dello sfruttamento e della paura, presso il quale piccoli kamikaze crescono, farciti del tritolo gentilmente offerto dai soliti noti.
Odio l’uguaglianza che passa attraverso il preteso e concesso diritto all’ultimissimo modello di smartphone e ‘sti cazzi, se bisognerà depredare di ricchezze e risorse altri popoli, quelli che beati loro, vivono di pescato del giorno e latte di capra e certe cose come il silicio non le sanno usare. Moro, te lo dico io dove si trova il silicio, fallo estrarre ai tuoi agili figlioletti per assicurarmi il meritato benessere, io che so invece valorizzarle e consumarle come si deve quelle risorse. E le sfrutto, scrivendo queste ed altre riflessioni, sempre che non tocchi a me un bel giorno, beccarmi un bel colpo vicino ad un kamikaze e restarci stecchito col cellulare in mano, com’è normale per la fanteria in prima fila come noi. Magari ironia della sorte, con un’arma made in italy che abbia compiuto il giro (quasi) completo del celeberrimo cetriolo, prima di tornare ad infilarsi nel mio culo plebeo. 

Je suis ignorant. Un altro inutile nastrino nero?

Rileggete la storia degli ultimi 6/7 anni, l'assalto alla Libia e la pilotata destabilizzazione in Siria, con il generale Puga e le gesta di Mohamed Merah con il loro "esercito di liberatori della Siria (non siriani ma in gran parte libici e della legione straniera Corsa), i cosiddetti "salafiti moderati di Homs" in realtà sgozzatori di civili e cannibali (veri) al servizio delle "intelligence" di USA, Francia, Inghilterra, Israele e Turchia, prima che i fatti di Tolosa sui quali non si è fatta mai luce decretassero la morte annunciata proprio guarda caso del "lupo solitario" Merah, una volta scaricato dal suo ruolo di cui sopra. Gli interessi geo-economici e la politica neo-colonialista d'assalto della Francia degli ultimi anni, con la caduta dei consensi generata dalla troika e la necessità di alimentare odio e razzismo quale sfogatoio, con la classe dirigente a intrallazzare anche con Arabia Saudita e Qatar mentre il lavoro "sporco" interno suddetto, affidato alla finta nemica Le Pen, con l'ex presidente francese Giscard d’Estaing che chiede all'Onu un mandato sulla Siria con la Francia in posizione guida al fine di rovesciare Assad, quando la Russia sta già bombardando l'Isis. Rileggetela, la Storia e spegnete la TV con la propaganda di potere più elementare, i patetici contorcimenti dei leader con i loro discorsetti puerili e le palle dei media che non sfiorano neanche i fatti e la loro cronologia ma lasciano intatta la menzogna con la quale occupano lo spazio della comprensione. Rileggete la Storia e poi magari. se non potete proprio farne a meno, mettete pure il vostro inutile nastrino nero sulla quella cazzo di tour eiffel.

mercoledì 29 luglio 2015

LA RISPOSTA E' DENTRO DI NOI MA E' SBAGLIATA

Il potere inferiore si rivolge a quello superiore dopo essersi adoperato per meritarne l'indulgenza. Succede così che come si piega ai dictat della troika il nostro governo nazionale non eletto (il terzo di fila), un sindaco eletto (non da me sia chiaro) come Marino, si prostra insediando assessori cari al governo di cui sopra e che diviene esso stesso caporale. Tutto ciò in barba, nel primo caso alla sovranità nazionale e nel secondo alla autonomia locale, entrambe sancite dalla nostra boccheggiante Costituzione. Non che non sia mai avvenuto di fatto nulla di simile prima d'ora ma, ciò che colpisce oggi, è la totale assenza del benchè minimo pudore nel calpestare apertamente la norma istituzionale. Molto non posso fare, se non evitare per lo meno di perdere qualsiasi occasione per far notare quanto accade ed in che modo. Ingenuità e illusione da una parte e dissoluta corruttà dall'altra, fanno della nostra classe dirigente una miscela politica tra le peggiori al mondo. Tutto ciò avviene paradossalmente in un contesto antropologico in cui si fa un gran parlare di concetti quali l'autostima, l'emancipazione, il culto della persona, della salute (fisica) e del benessere. Un contesto nel quale ormai siamo diventati tutti perfetti personaggi televisivi, abbiamo opinioni su qualunque argomento (affonda una nave e siamo tutti capitani, violentano una donna e siamo tutti Callaghan, si parla di spread e in una settimana siamo tutti economisti) e dove anche il fruttarolo utilizza il PNL ed è un esperto di "life coaching". Allora, se davvero siamo esausti, stufi e pensiamo che coloro ai quali deleghiamo senza esitazione il nostro futuro e quello delle nuove generazioni siano come detto tra i peggiori al mondo, forse è il caso di cominciare ad ammettere che anche noi (il Popolo) non siamo certo i migliori e anche da qui, ripartire.

domenica 26 luglio 2015

Syriza e ANEL - Trattato militare Grecia e Israele


I
l ministro della Difesa, Moshe Yaalon, si è riunito domenica scorsa con il suo omologo greco, Panos Kammenos, negli uffici di Tel Aviv


È stato molto difficile scovare la notizia. Uscita solo nelle pagine israeliane e in pochi siti web statunitensi. Ma non ci sono dubbi. Tutte riportavano la notizia sorprendente della firma di un accordo militare tra la Grecia e Israele che non ha precedenti (vedi link a piè pagina). La notizia parla di cooperazione militare, relazioni eccellenti, mantenere e continuare insieme la formazione… una storica relazione che nella campagna elettorale Tsipras aveva dichiarato che sarebbe terminata… non è stato così… la relazione è continuata e si è rafforzata secondo le notizie di due giorni fa.
È fondamentale che l’informazione del viaggio e dell’incontro tra i due ministri sia stata confermata sul sito ufficiale del Ministero della Difesa greco. Non vengono citati esattamente i temi trattati, che si trovano invece nei siti israeliani:




La pagina del Ministero della Difesa greco parla di “un accordo che definirà le condizioni di viaggio e di residenza dei militari nei due Paesi durante le manovre di addestramento e di collaborazione”.

E qui, la notizia dell’accordo pubblicato da un periodico on line israeliano (vedi link a piè pagina) Cooperazione militare: Israele conclude un accordo con la Grecia

Il ministro della Difesa, Moshe Yaalon, si è riunito domenica scorsa con il suo omologo greco, Panos Kammenos, negli uffici di Tel Aviv. I due uomini hanno discusso della cooperazione in tema di sicurezza tra Gerusalemme e Atene e della situazione in Medio Oriente.

Il Direttore del Servizio di Difesa israeliano e il ministro greco della Difesa Nazionale hanno concluso un accordo sullo statuto delle forze armate (SOFA): un accordo legale che permetterà alle forze armate d’Israele di risiedere in Grecia e viceversa. Questo è il primo SOFA che Israele firma con un Paese alleato che non siano gli Stati Uniti.

Il ministro israeliano ha ringraziato il suo omologo per la sua visita in Israele, malgrado la difficile situazione economica in cui versa la Grecia e si è detto speranzoso che il Paese ellenico possa superare le sfide che ha di fronte. “ Ringraziamo per la cooperazione di sicurezza che si traduce nella formazione dei nostri soldati e ufficiali sul territorio greco. I nostri Stati condividono interessi comuni, dovendo affrontare le conseguenze dell’accordo firmato la scorsa settimana tra le grandi potenze e l’Iran”, ha detto Yaalon.

Dal canto suo il ministro greco ha dichiarato: “il popolo greco è molto vicino al popolo israeliano: riguardo alla nostra cooperazione militare le nostre relazioni sono eccellenti, continuiamo a mantenere la formazione congiunta. Il signor Kammenos ha aggiunto: “il terrorismo e la Jihad non colpiscono solo il Medio Oriente ma anche i Balcani e l’Europa. Questa è guerra. Siamo vicini a Israele per tutto ciò che riguarda il programma dei missili iraniani che potrebbero raggiungerci. Se un missile iraniano si dirige verso il mar Mediterraneo può significare la fine di tutti i Paesi della regione”.

Lo Stato ebraico e la Grecia hanno stabilito le loro relazioni diplomatiche 25 anni fa.

Nella foto: i ministri della Difesa Panos Kammenos (greco) e Moshé Yaalon (israeliano)


venerdì 24 luglio 2015

Lettera aperta di studiosi dell’Ucraina sulla cosiddetta “legge anti-comunista”


Di seguito la traduzione di un appello internazionale sottoscritto da studiosi americani, inglesi, canadesi, tedeschi, svedesi e ucraini contro la promulgazione delle due leggi anticomuniste approvate lo scorso 9 aprile. Non è certo opera di putiniani nè di comunisti ma dà l’idea di quali mostri stiano risvegliando i governi USA e UE ai confini con la Russia. Mi sembra che in Italia non ci sia stata la dovuta reazione di fronte a un fatto di così inaudita gravità da parte di un regime che gode del sostegno degli USA dell’UE e del nostro governo a cui va ricordato che la Costituzione reca in calce la firma di un comunista e che il 25 aprile si festeggia una Liberazione alla quale i socialcomunisti hanno portato il contributo di gran lunga più forte prima nei lunghi anni della lotta antifascista e poi nella Resistenza. (M.A.)
Al Presidente dell’Ucraina, Petro Poroshenko, e al Presidente della Verkhovna Rada dell’Ucraina , Volodymyr B. Groysman:
Noi sottoscritti, vi invitiamo a non firmare e promulgare i progetti di legge (n. 2538-1 e 2558) adottati dalla Verkhovna Rada il 9 aprile 2015. Come studiosi ed esperti a lungo impegnati per la rigenerazione e la libertà dell’Ucraina, noi consideriamo queste leggi con la più profonda apprensione. Il loro contenuto e spirito contraddice uno dei diritti politici fondamentali: il diritto alla libertà di parola. La loro adozione solleverebbe seri interrogativi circa la fedeltà dell’Ucraina ai principi del Consiglio d’Europa e dell’OSCE, insieme a una serie di trattati e dichiarazioni solenni adottate da quando l’Ucraina ha riconquistato l’indipendenza nel 1991. Il loro impatto sull’immagine e la reputazione dell’Ucraina in Europa e Nord America sarebbe profondo. Senza tralasciare il fatto che le leggi potrebbero fornire conforto e sostegno a coloro che cercano di indebolire e dividere l’Ucraina.
Inoltre siamo turbati per il fatto che le leggi siano state approvate, senza un serio dibattito, senza voti contrari e con un gran numero di deputati che han rifiutato di partecipare.
In particolare, siamo preoccupati per i seguenti elementi:
1 – Per quanto riguarda l’inclusione di gruppi come l’Organizzazione dei nazionalisti ucraini (OUN) e l’Esercito Insurrezionale Ucraino (UPA) come “combattenti per l’indipendenza ucraina”: l’articolo 6 della presente legge rende un reato negare la legittimità della “lotta per la indipendenza dell’Ucraina nel 20° secolo “e la negazione pubblica dello stesso è da considerarsi come un insulto alla memoria dei combattenti. Così mettere in discussione questa pretesa, e mettere in discussione implicitamente qualsiasi cosa questi gruppi hanno fatto, è diventato un reato penale.
2 – La legge 2558, il divieto di propaganda dei “regimi comunisti e nazionalsocialisti ” rende un reato negare, “anche nei media, il carattere criminale del regime totalitario comunista del 1917-1991 in Ucraina.”
Le potenziali conseguenze di entrambe queste leggi sono inquietanti. Non solo sarebbe un crimine mettere in discussione la legittimità di una organizzazione (UPA), che ha massacrato decine di migliaia di polacchi in uno degli atti più efferati di pulizia etnica nella storia dell’Ucraina, ma anche sarebbe esente da critiche l’OUN, uno dei gruppi politici più estremi in Ucraina occidentale tra le due guerre, e quello che ha collaborato con la Germania nazista fin dall’inizio dell’invasione sovietica nel 1941. L’OUN inoltre partecipò ai pogrom antiebraici in Ucraina e, nel caso della fazione Melnyk, rimase alleata con il regime di occupazione durante la guerra.
Nonostante il nobile intento, la condanna all’ingrosso di tutto il periodo sovietico come una occupazione di Ucraina avrà conseguenze ingiuste e incongrue. Chiunque attirando l’attenzione sullo sviluppo della cultura e della lingua ucraine negli anni ‘20 potrebbe trovarsi condannato. Lo stesso vale per coloro che considerano il periodo di Gorbaciov come un periodo progressivo di cambiamento a beneficio della società civile ucraina , dei gruppi informali, e dei partiti politici, compreso il Movimento per la Perestroika (Rukh).
Negli ultimi 15 anni, la Russia di Vladimir Putin ha investito enormi risorse nella politicizzazione della storia. Sarebbe disastroso se l’Ucraina seguisse la stessa strada, quantunque parzialmente o provvisoriamente. Ogni distorsione giuridica o ‘amministrativa’ della storia è un attacco allo scopo più fondamentale dell’ indagine scientifica: la ricerca della verità. Qualsiasi attacco ufficiale alla memoria storica è ingiusto. Questioni difficili e controverse devono rimanere materia di dibattito. Il milione e mezzo di ucraini che sono morti combattendo i nazisti nell’Armata Rossa hanno diritto al rispetto, come lo hanno coloro che hanno combattuto l’Armata Rossa e NKVD. Coloro che considerano la vittoria sulla Germania nazista come un evento storico fondamentale non dovrebbero sentirsi intimiditi né esclusi dalla nazione.
Dal 1991, l’Ucraina è stato uno stato tollerante e inclusivo, uno stato (nelle parole della Costituzione) per cittadini ucraini di tutte le nazionalità. Se firmate, le leggi del 9 aprile saranno un regalo per coloro che desiderano rivolgere l’Ucraina contro se stessa. Esse allontaneranno molti ucraini che ora si trovano sotto l’occupazione de facto. Esse divideranno e scoraggeranno gli amici dell’Ucraina. In breve, danneggeranno la sicurezza nazionale dell’Ucraina, e per questo motivo, soprattutto, vi invitiamo a respingerle.


Firmatari (in ordine alfabetico): 


David Albanese, Ph.D. Candidate, Department of Soviet and Russian History, Northeastern University, USA
Tarik Cyril Amar, Assistant Professor of History, Columbia University, USA
Dominique Arel, Chair of Ukrainian Studies, University of Ottawa, Canada
Martin Aust, Visiting Professor of History, University of Basel, Switzerland
Mark R. Baker, Assistant Professor, Koç University, Istanbul, Turkey
Omer Bartov, John P. Birkelund Distinguished Professor of History and Professor of German Studies, Brown University, USA
Harald Binder, Ph.D., Founding President, Center for Urban History of East Central Europe, Lviv, Ukraine
Marko Bojcun, Director of the Ukraine Centre, London Metropolitan University, UK
Uilleam Blacker, Lecturer in Comparative East European Culture, University College London, UK
Jeffrey Burds, Associate Professor of Russian and Soviet History, Northeastern University, USA
Marco Carynnyk, Independent Scholar, Toronto, Canada
Heather J. Coleman, Canada Research Chair and Associate Professor, Department of History and Classics, University of Alberta, Canada
Markian Dobczansky, Ph.D. candidate, Department of History, Stanford University, USA
Evgeny Finkel, Assistant Professor of Political Science and International Affairs, George Washington University, USA
Rory Finnin, University Senior Lecturer in Ukrainian Studies, University of Cambridge, UK
J. Arch Getty, Distinguished Professor of History University of California Los Angeles (UCLA), USA
Christopher Gilley, Research Fellow, University of Hamburg, Hamburg, Germany
Frank Golczewski, Professor in the Program in History, University of Hamburg, Germany
Mark von Hagen, Professor of History, School of Historical, Philosophical, and Religious Studies, Arizona State University, USA
André Härtel, Lecturer in International Relations, Department of Political Science, University of Jena, Germany
Guido Hausmann, Ludwig-Maximilian University, Munich, Germany
John-Paul Himka, Professor Emeritus, Department of History & Classics, University of Alberta, Canada
Kerstin S. Jobst, Professor of East European History, University of Vienna, Austria
Tom Junes, PhD (historian) – Imre Kertész Kolleg, Jena, Germany
Andreas Kappeler, Professor Emeritus of History, University of Vienna, Austria
Ivan Katchanovski, Adjunct Professor, School of Political Studies, University of Ottawa, Canada
Padraic Kenney, Professor of History, Indiana University, USA
Olesya Khromeychuk, Teaching Fellow, University College London, UK
Oleh Kotsyuba, Ph.D. Candidate, Department of Slavic Languages and Literatures, Harvard University, USA
Matthew Kott, Researcher at Centre for Russian and Eurasian Studies, Uppsala University, Sweden
Mark Kramer, Program Director for Cold War Studies, Davis Center for Russian and Eurasian Studies, Harvard University, USA
Nadiya Kravets, Postdoctoral Fellow, Ukrainian Research Institute, Harvard University, USA
Olga Kucherenko, Independent Scholar, Cambridge, UK
John J. Kulczycki, Professor Emeritus, Department of History, University of Illinois at Chicago, USA
Victor Hugo Lane, York College, City University of New York, USA
Yurii Latysh, Taras Shevchenko National University, Kyiv, Ukraine
David R. Marples, Distinguished University Professor, Department of History & Classics, University of Alberta, Canada
Javier Morales, Lecturer in International Relations, European University of Madrid, Spain
Jared McBride, Visiting Assistant Professor of History, Columbia University, USA
Tanja Penter, Professor of Eastern European History, Heidelberg University, Germany
Olena Petrenko, Ph.D. Student, Department of East European History, Ruhr University Bochum, Germany
Simon Pirani, Senior Research Fellow, Oxford Institute for Energy Studies, and Lecturer on Russian and Soviet History, Canterbury Christ Church University, UK
Yuri Radchenko, Senior Lecturer, Kharkiv Collegium Institute of Oriental Studies and International Relations, and Director of Center for Inter-ethnic Relations in Eastern Europe, Kharkiv, Ukraine
William Risch, Associate Professor of History, Georgia College, USA
Blair Ruble, Political Scientist, Washington, DC, USA
Per Anders Rudling, Associate Professor of History, Lund University, Sweden
Martin Schulze Wessel, Chair of Eastern European History, Ludwig-Maximilian University, Munich, Germany
Steven Seegel, Associate Professor of History, University of Northern Colorado, USA
Anton Shekhovtsov, Visiting Senior Fellow, Legatum Institute, London, UK
James Sherr, Associate Fellow, Chatham House, London, UK
Volodymyr Sklokin, Researcher, Center for Urban History of East-Central Europe, Lviv, Ukraine
Iryna Sklokina, Researcher, Center for Urban History of East-Central Europe, Lviv, Ukraine
Yegor Stadny, Ph.D. Student, Department of History, Kyiv-Mohyla Academy, Ukraine
Andreas Umland, Senior Research Fellow, Institute for Euro-Atlantic Cooperation, Kyiv, Ukraine
Ricarda Vulpius, Research Fellow, Department for the History of East- and Southeastern Europe, Ludwig-Maximilian University, Munich, Germany
Lucan Way, Associate Professor of Political Science, University of Toronto, Canada
Zenon Wasyliw, Professor of History, Ithaca College, USA
Anna Veronika Wendland, Research Coordinator, The Herder Institute for Historical Research on East Central Europe, Marburg, Germany
Frank Wolff, Assistant Professor of History and Migration Studies, Osnabrück University, Germany
Christine Worobec, Professor Emerita, Northern Illinois University, USA
Serhy Yekelchyk, Professor of Slavic Studies and History, University of Victoria, Canada
Tanya Zaharchenko, Postdoctoral Fellow, Center for Historical Research, Higher School of Economics, Saint Petersburg, Russia
Sergei Zhuk, Associate Professor of History, Ball State University, Indiana, USA 
[nella foto Stepan Bandera, eroe nazionale per l'attuale regime di Kiev , durante la seconda guerra mondiale in divisa SS]

martedì 14 luglio 2015

THINK TANK? No Thanks

Molta della gavetta e delle conoscenze che un tempo si facevano nei partiti oggi si fanno nei cosiddetti “pensatoi politici”, quelli che gli elegantoni chiamano “think tank”. In uno scenario attuale fatto di coalizioni democratiche, governi tecnici, apolitici o di “emergenza”, spesso bipartisan, strutture come i think tank all'italiana trovano praterie libere e spazi di sviluppo economico e relazionale inimmaginabili per partiti politici strutturati in modo tradizionale. Tutto ciò è finalizzato ad un controllo praticamente assoluto sul “ricambio generazionale” della classe dirigente del Paese. Una area grigia nella quale piccoli e predestinati cuccioli del potere crescono forti e sicuri, testando così i propri giovani ed aristocratici artigli, al riparo da concorsi e confronti, non misurandosi con nessuna realtà se non quella “in vitro” dell'area di appartenenza e che ne garantirà il futuro insediamento, con l'unico scopo di crescere e perpetrare il lavoro dei propri predecessori. Questi ultimi, spesso e volentieri coincidenti con i propri padri o zii. Tutto ciò grazie a quelle leggi, emanate dai diretti interessati e che ovviamente ne tutelano la opaca gestione amministrativa. Emblematico il caso della Fondazione “Vedrò” alla quale appartengono ben cinque degli elementi che componevano il Governo Letta ovvero lo stesso Enrico Letta (premier-PD e nipote di Gianni Letta-PDL), Angelino Alfano (vice-premier ed Interni-PDL), Maurizio Lupi (Infrastrutture-PDL), Nunzia De Girolamo (Agricoltura-PDL e moglie di Francesco Boccia-PD) e Andrea Orlando (Ambiente-PD). Il crescente peso politico di queste fondazioni è indubbio e mette ancor di più in evidenza la mancanza di informazioni complete e aggiornate su soci, finanziamenti e bilanci. Infatti, le recenti e pur limitate norme introdotte sulla trasparenza dei partiti, non si applicano alle fondazioni e, tranne per poche eccezioni, sono limitate a singoli ambiti. Questi pensatoi sono poi legati tra loro attraverso una fitta rete di relazioni che si può ricostruire – con grande fatica – evidenziando le persone che hanno incarichi in più strutture. Un dossier di OpenPolis rivela che tra 65 think tank italiani censiti (contando soltanto quelli di rilevanza nazionale ed internazionale) i quali animano il panorama politico italiano e le cui funzioni principali sono la elaborazione di idee, il reclutamento di personale politico e non ultimo, la raccolta di finanziamenti, sono tutti interessati da connessioni e relazioni che – per oltre l'80% – ruotano intorno a quattro soli soggetti: Italiani Europei, Astrid, Fondazione Italia-USA ed Aspen. Altro che ascensore sociale, permeabilità e trasparenza dei posti chiave nella economia, la politica e la conoscenza. Avete capito choosy dimmerda da dove vengono e perchè si adottano all'unanimità riforme come la “Buona Scuola” ed il “Job's Act”? Per affossare definitivamente tutto ciò che può minare la blindatura oligarchica nelle “sale dei bottoni” quindi keep calm e stattene al posto tuo..

lunedì 13 luglio 2015

GAME OVER > insert coins to continue

Avrei voluto credere in Syriza ma purtroppo qualcosa non tornava dall'inizio, così si è conclusa avventura di Tsipras in Grecia ed in Europa, nonostante il referendum, mossa disperata strategicamente anche se molto utile dal punto di vista mediatico, poiché ha messo in evidenza la natura “politica” e non economica dei sacrifici imposti dalla UE. Ma non è bastato a cancellare il vizio di fondo di Syriza ovvero il paradossale e inspiegabile europeismo a prescindere. Tsipras infatti, accompagnato nell'analisi errata della situazione dalle sinistre riformiste europee, ha prodotto una inadeguata strategia che alla fine ha ceduto molto di più di quanto non fosse in gioco con il referendum, annichilendo e svilendo così anche la scontata vittoria dei NO nella consultazione popolare. Infatti, dagli 8,5 miliardi di 2 settimane fa, ci si ritrova ai 13 miliardi di oggi, con in più la sfiducia di Cina e Russia e il dictat esplicito di controllo diretto della troika, con annessa rapina totale dei beni di proprietà dello Stato, attraverso la gestione remota di un fondo di garanzia. Non era forse il caso allora, una volta arrivati al punto di indire il referendum, di difendere quel 61% fino alla fine e casomai uscire da soli, piuttosto che ritrovarsi soli e scoprire che per i fachi (e le colombe) di Berlino, il “grexit” non è poi una tragedia, anzi.

Per quanto ci riguarda, come comunisti e come rifondazione comunista, la situazione è critica ormai da tempo. Sarò breve e non entrerò nel dettaglio tecnico-economico, perchè ho già espresso più volte gli stessi concetti, tra l'altro sostenuti da molti compagni, anche dentro Rifondazione e dal compagno Ugo Boghetta, a partire dall'emendamento “no euro” all'ultimo congresso. La attuale situazione che riguarda direttamente la Grecia e tutti noi indirettamente, ha il solo merito di evidenziare a chi ancora non lo ha capito che la UE e l'eurozona sono irriformabili strumenti del capitalismo neo-liberista e sono tarati per essere solo e soltanto tali strumenti. La fine dell'euro e lo stralcio dei trattati (a partire da quello Maastricht) quindi è l'unica strada percorribile per tentare di riacquistare sovranità popolare sulla politica e quindi incidere in senso comunista sull'economia, raccogliendo le istanze della sinistra antagonista che ci stiamo perdendo per strada e facendo egemonia in quella residua sinistra ora fortemente delusa dal partito di riferimento (PD) e che è ancora a cavallo tra anti-liberismo (che deve tornare ad essere anti-capitalismo) e l'illusione della social-democrazia che il PD appunto ha utilizzato come raggiro ideologico. Non mi dilungo oltre ma dico con molta chiarezza che se Rifondazione non entra decisamente in questo conflitto e non assume una posizione chiara su questo concetto è da considerarsi morta. Cadrà nella trappola dei servi del capitale (come sta facendo) e si nasconderà dietro (o dentro) un contenitore con SEL e fuori-usciti dal PD che serve soltanto a raccogliere consenso elettorale per appagare qualche deluso dal renzismo e ad isolare e attenuare le lotte, svilendone contenuti pragmatici ed ideologici, poichè resta e si muove nel paradigma capitalista. Bene (anzi male!) non solo Rifondazione non rifonderà proprio un cazzo ma commetterà un errore politico e di analisi che già è grave di per sè, perderà ancora consenso, credibilità e identità politica e seppellirà definitivamente (come partito) l'ideale comunista. Non si può stare dietro alle puerili e patetiche fiaccolate di SEL & Co. senza affrontare con decisione e chiarezza il centro del problema, mentre la DESTRA populista, cavalcando e scippando in modo becero e strumentale cose che un COMUNISTA dovrebbe sapere e diffondere, compirà il resto del lavoro che ci condannerà alla sconfitta e all'oblìo.

venerdì 10 luglio 2015

Promemoria (breve storia di un mangiaspaghetten)

Quando in Italia arrivò la lettera della Bce, contestualmente alla famosa telefonata della Merkel a Napolitano, in seguito alle quali Berlusconi fu costretto a dimettersi, la nostra pseudo sinistra fatta di scrupolosi intellettuali allergici agli inestetismi della berlusconite ma non ai vizi del capitalismo rampante e alla finanza stile Las Vegas, pensò bene di brindare in piazza con bollicine nostrane di bassa qualità ma a nessuno di questi paladini del nulla venne in mente di consultare il Popolo sovrano, in merito a pareggio di bilancio e spending review che hanno portato alla stagnazione dell'economia reale con conseguente aumento degli interessi sul debito pubblico, recessione, incremento della disoccupazione, dello sfruttamento e della povertà. Nell'ordine arrivarono (vado a memoria), riforma delle pensioni, dismissione dell'articolo 18 e Jobs act (solo per citarne alcune). Tutte indicazioni della Bce, tramite la famosa lettera e non solo, passate per delega governativa a fiducia blindata, spesso incastonate dentro decreti "omnibus" e simili. Noi infatti, invece che un referendum, abbiamo instaurato dei governi cosiddetti "tecnici" i quali hanno letteralmente macellato economia reale, lavoro, diritti e svenduto beni comuni, bypassando ogni processo di partecipazione democratica, a livello locale e nazionale, come se l'Italia fosse di fatto commissariata. Allora mi chiedo se davvero sono queste le classi dirigenti, le guide a cui veramente vogliamo affidare il nostro futuro e quello delle prossime generazioni. Oppure quanto ancora dovremo sopportare per renderci conto della reale necessità di una decisa inversione di marcia, invece di continuare a consumare pseudo cibo e pseudo informazione, scadenti e truffaldini prodotti dall'exp(r)o e del sola 24h?

mercoledì 24 giugno 2015

LITTLE GREECE LITTLE GREECE LET ME IN

C'erano una volta tre porcellini che vivevano con i genitori. I tre porcellini crebbero così in fretta che la loro madre un giorno li chiamò e disse loro: "Siete troppo grandi per rimanere ancora qui. Andate a costruirvi la vostra casa". Prima di andarsene da casa li avvisò di non fare entrare il lupo in casa: "Vi prenderebbe per mangiarvi!" E così i tre porcellini se ne andarono.

Presto la strada si divise in tre parti... (continua..)

La resa di Tsipras è di fatto quella di un intera generazione di 50/60enni cresciuti col falso mito della democrazia e dell'eguaglianza dentro il contesto e il paradigma della produzione capitalista. Questi hanno cresciuto 30/40enni senza idee e senza una visione ideale e di cambiamento radicale della politica e del sistema produttivo, inebetiti dalla Leopolda di plastica, hypsterica, cinica e cialtrona, dall' "un-politically correct" dei Jovanotti e dei Pelù. E' l'ennesima e definitiva sconfitta dell'equivoco più dannoso nella storia della politica: la "socialdemocrazia". Una entità clinicamente morta, alla quale la troika, con la sottomissione della Grecia di Syriza ha definitivamente staccato la spina. Al posto nostro.
"Piacere. Sono il capo dei criminali". E' così che come il lupus in fabula, sfrontatamente ironica, Christine Madeleine Odette Lagarde - direttore amministrativo del Fondo Monetario Internazionale (FMI) - si è presentata all'incontro con Tsipras il quale ancora (come gli illusi che lo sostengono) contava invece sulla natura sostanzialmente "buona" e riformabile dell'Europa e dell'euro, quasi che l'austerità fosse un incidente di percorso e non un velenoso disegno, oggi sostanza politica e realtà consolidata. Il compromesso è negoziato e come tale si gestisce e si misura sulla forza di due posizioni diverse, non tra lupo e pecorella (o porcellino). Non è così. Non lo è mai "Stato" e mai più "Stato" sarà..

sabato 25 aprile 2015

Italy 25 aprile 2015 - Settantanni e non sentirli

Votano L’Italicum che tecnicamente è come la legge Acerbo del ’23 e in nome del patto di stabilità azzerano la democrazia parlamentare nazionale. Svendono il patrimonio pubblico, immobiliare, artistico e ambientale e piegano la “spending review” con tagli alla messa in sicurezza del territorio, alla tutela delle salute, dell’istruzione pubblica e dei servizi sociali. Con i nostri soldi invece, favoriscono becere passerelle per gli amici (G8), spese militari fuori da ogni logica (F35) e installazioni militari straniere che più che difenderci da fantomatici attacchi alieni, sono mortali per gli abitanti del luogo (MUOS); inaugurano cattedrali nel deserto, forzano la realizzazione di grandi opere inutili e dannose (EXPO, TAV), dove ad arricchirsi sono le multinazionali e la malavita organizzata (che sono le due facce della stessa medaglia), alla faccia vera invece, delle popolazioni locali e dei comitati di cittadini che giustamente esprimono la loro contrarietà. Italia, 25 aprile 2015, L’Aquila grida ancora giustizia così come Messina e ancora l’Emilia e l’Umbria  e via dicendo, mentre a Roma - medaglia d’oro per la Resistenza - distaccano acqua, gas e luce alle vere emergenze abitative e al contempo, considerano legittima l’occupazione di Casa Pound come emergenza abitativa (sic!). Oggi, dopo aver profanato dieci minuti la tomba di Gramsci “festeggiano” il 25 aprile al ghetto ebraico (ditemi che sono anti-semita se volete, tanto ormai di cazzate sono pieni pure i TG e i quotidiani nazionali) dove campeggiano scritte e slogan “Pacifici” che inneggiano a Sharon e ai massacri di Sabra e Chatila. Chiamano “manifestanti” e “popolo” i nazisti che in Ucraina - in minoranza in Parlamento - si impossessano del potere con le armi fornite dal democratico occidente, coprendo stragi come quella disumana alla Casa del Sindacato di Odessa. Tutto è legittimo, pur di “liberarsi” degli ultimi sparuti focolai di lotta di classe in Europa mentre in Italia, dove chi legittimamente contesta è un delinquente da torturare. Favoriscono i reati di corruzione per decreto e quando saltuariamente in Parlamento votano, lo fanno in preda alla trans agonistica, in modo sprezzante e disgustoso (loro dicono bi-partisan), declassando “Bella Ciao” a coro da stadio, talmente presi dall'estasi di vincere facile, nel regalare soldi pubblici alle banche responsabili della finanza casinò che ci ha portato a questa crisi pilotata, con la quale ormai si giustifica qualsiasi provvedimento, anzi, il vero scopo è sempre e comunque lo sfruttamento delle persone e del (non)Lavoro a scapito della Democrazia rappresentativa. Intanto, fiori e corone ai partigiani morti ma i pochi vivi sono estromessi dal dibattito dal 1946, in quanto scomodi e di parte (so’ partigiani porco iddio, e vedi un po'). Allora. Mi spiegate voi che cazzo ci sarebbe da festeggiare o sono io il solito guastafeste? Il 25 aprile non è un epitaffio, tantomeno una passerella per questa gentaglia. E’ un giorno di lotta che si aggiunge ad altri 364. Che gli piaccia o no, da parte mia Resistenza sempre e comunque. 

domenica 29 marzo 2015

COMINCIA IL FACCIA A FACCIA - A stasera alla "Casa delle Culture"

GIORGIO CREMASCHI - Perchè non convince la "coalizione sociale" di Landini

Stando alle loro ultime note ufficiali, tra le due segreterie Cgil e FIOM, non ci dovrebbero essere disaccordi di fondo. Entrambe sostengono la linea uscita dall'ultimo direttivo nazionale della confederazione, la ricerca dell'unità con Cisl e Uil e una politica di alleanze sociali e politiche per contrastare il Jobs Act. La segreteria della FIOM rivendica con toni persino polemici il suo accordo con tutte le scelte della confederazione. E in effetti dalla conclusione del congresso nazionale del maggio scorso non c'è un solo atto importante della Cgil che non sia stato votato assieme da Camusso e Landini. Che per altro avevano iniziato il congresso con un documento comune pomposamente dichiarato come unitario, in quanto la nostra piccola opposizione non veniva neppure presa in considerazione. Poi con l'accordo del 10 gennaio 2014 tra Cgil Cisl Uil e Confindustria si determinava un'aspra rottura. Il segretario della Fiom accusava, a ragione, la Cgil di aver sottoscritto il sistema di relazioni sindacali voluto da Marchionne. Un sistema di diritti e rappresentanza concesso solo ai firmatari dell'accordo, dunque in pieno contrasto con la sentenza della Corte Costituzionale che aveva riammesso la FIOM in Fiat nonostante non fosse firmataria degli ultimi accordi. Un sistema fondato sul principio della cosiddetta esigibilità, cioè sul vincolo per i sindacati firmatari e per i loro delegati, di non organizzare contrasto di alcun tipo verso gli accordi non condivisi, pena sanzioni. Landini contestò duramente quell'intesa e ruppe l'unità congressuale con Camusso. Che a sua volta accusò il segretario della FIOM di incoerenza per aver condiviso gran parte del percorso che aveva portato all'accordo. Dopo il congresso però i due si riappacificarono e condussero assieme la campagna contro il Jobs Act di Renzi. Ora il nuovo contrasto, ma su cosa? La coalizione sociale è una nuova formazione politica? Landini smentisce risentito, anzi scrive addirittura che essa non è contro nessun partito politico. Al sindacato serve una coalizione sociale? Camusso dice sì, ma poi nega che sia quella proposta da Landini, che viene accusato di ambiguità sulla politica. Onestamente non si capisce molto e se non ci fosse una colossale sovraesposizione mediatica di tutta questa vicenda, le sole cose evidenti sarebbero la crisi e la confusione del gruppo dirigente del maggiore sindacato italiano. È la terza volta negli ultimi venti anni che la FIOM tenta una coalizione sociale. La prima fu con i movimenti noglobal all'epoca del G8 di Genova. Il segretario della Fiom Claudio Sabattini, con il gruppo dirigente di allora, decise di rompere con Fim e Uilm sul contratto nazionale e di partecipare alle manifestazioni nel capoluogo ligure nonostante che il segretario della Cgil Sergio Cofferati avesse pubblicamente chiesto di non farlo. Nel 2006 la Fiom guidata da Rinaldini manifestò contro il governo Prodi assieme a sindacati di base e centri sociali, anche allora nonostante il pubblico veto della Cgil. Ma quel percorso si esaurì proprio sul nodo e sui vincoli dei rapporti tra FIOM e Cgil. Quel nodo si ripropose nel 2010, quando l'appena eletto Landini disse di no su Pomigliano a Marchionne, a Cisl Uil, al PD e anche alla Cgil. Per alcuni mesi attorno a quel no si costruì un vasta mobilitazione sociale ché sfociò nella manifestazione del 16 ottobre 2010 a Roma e ancor di più nello sciopero generale dei metalmeccanici del gennaio 2011, che per la prima volta vide accanto alla FIOM le sigle dei principali sindacati di base e gran parte dei movimenti sociali più radicali. Fatto senza precedenti per un segretario della Cgil in quella città, nella piazza Maggiore di Bologna Susanna Camusso fu pesantemente contestata da gran parte dei manifestanti che chiedevano lo sciopero generale. In una riunione in quei giorni sostenni che se la FIOM avesse davvero voluto davvero consolidare il movimento e la coalizione sociale che si era costruita con gli operai della Fiat, avrebbe dovuto mettere in conto la rottura con la Cgil. Ma il segretario della FIOM respinse nettamente questa mia proposta. Si tentò allora di costruire un sostituto di un progetto più radicale, con la coalizione "Uniti Contro la Crisi", che alla FIOM univa una parte dei centri sociali e organizzazioni giovanili e studentesche, riconducibili all'area politica di Sel. Quel tentativo fu travolto dagli scontri della manifestazione del 15 ottobre 2011. Ora il gruppo dirigente della FIOM ripropone ancora la formula della coalizione sociale. Ma gli interlocutori attuali non sono gli stessi delle passate esperienze. Mancano totalmente il sindacalismo di base e il dissenso Cgil, anche perché la FIOM ha deciso una svolta rispetto alle sue pratiche degli ultimi 20 anni, affidandosi all'accordo con Fim e Uilm per il rinnovo del contratto nazionale. Mancano l'arcipelago dei centri sociali e i movimenti radicali come i Notav e i Noexpo. Mancano molte forze con cui la FIOM ha dialogato e manifestato assieme nel passato, mentre gli inviti selezionati son stati inviati ad associazioni che, pur di grande prestigio, non siano in totale rottura con il PD ed il suo sistema di alleanze e potere. E infatti Libera ed ARCI han subìto tenuto a precisare che possono sostenere singole campagne, ma non potranno mai far parte di una coalizione formalmente organizzata. La nuova coalizione lanciata dalla Fiom parte dunque su basi più incerte e sicuramente meno radicate che nel passato, eppure rispetto ad altre iniziative dell'organizzazione ha avuto una risonanza assai maggiore, perché? La prima ragione sta nella portata stessa della sconfitta della Fiom, della Cgil, della sinistra e del mondo del lavoro di fronte alle politiche liberiste e di austerità. La distruzione dell'articolo 18, che nel passato la Cgil riuscì ad impedire, è lo sfondamento formale e simbolico del fronte del lavoro dopo trenta anni di ritirata più o meno organizzata e contrattata. Il lavoro è sottoposto al massacro sociale ed il sindacato ex più forte d'Europa mostra tutta la sua mastodontica fragilità. Il fatto che questa resa dei conti finali col lavoro sia guidata dal leader del partito democratico ribalta poi tutti i punti cardinali del tradizionale modo d'agire della Cgil. Che reagisce a questo disastro oscillando tra l'identificazione con il dissenso politico verso Renzi e la ricerca dell'autonomia corporativa con Cisl Uil e Confindustria, di cui l'accordo del 10 gennaio è la formalizzazione. Nella linea e nei comportamenti concreti della Cgil non c'è alcun progetto di riconquista, ma una sorta di gestione della sconfitta che non può che provocare altre cadute. Su questa debolezza prende vigore il ruolo di Landini, che in concreto non propone nulla di diverso dalla CGIL, come egli stesso puntualmente precisa, ma che raccoglie invece le speranze di chi, critico verso Cgil e PD, si augura che le cose cambino. Landini incrocia le speranze di cambiamento giusto che periodicamente si manifestano e per questo la domanda nei suoi confronti è prima di tutto politica. D'altra parte è qui che c'è la seconda ragione del suo successo, Landini emerge come leader nell'attuale politica ultra personalizzata e governata dai talk show. La coalizione sociale oggi proposta dalla FIOM è la più verticistica e rarefatta tra quelle sperimentate in questi anni, in realtà non ruota neppure attorno al sindacato, ma alla figura del suo leader. La ragione del successo di Landini, il suo muoversi con grande amplificazione mediatica nel vuoto segnato dalla sconfitta della sinistra e del sindacato, è però anche causa del limite di fondo della sua iniziativa. La proposta attuale di coalizione sociale allude ad una forza politica, ma poi nega di volerla costruire. Si proclama la necessità di cambiare il sindacato, ma poi si afferma di volerlo fare con chi il sindacato ha condotto al punto attuale. Sul piano dei contenuti programmatici, Europa, Euro e politiche di concertazione e compatibilità sono sostanzialmente ignorate, mentre Pd, Confindustria e sistema di potere vengono sì criticati, ma non definiti come avversari. Ci vorrebbe insomma una vera rottura per evitare strade già percorse senza risultati. Invece, pur polemizzando duramente tra loro, Camusso e Landini coabitano nella stessa crisi sindacale e alla fine offrono ad essa risposte concorrenziali, ma simili.
Giorgio Cremaschi (18 marzo 2015)

MASSIMILIANO BUONO - Il ragionamento di Giorgio Cremaschi (di nuovo) non fa una piega 

"Tanto rumore per nulla" per dirla in due parole.

Come ormai siamo fin troppo abituati a vedere, ancora una sovraesposizione mediatica inversamente proporzionale alla sostanza, per una proposta che è l'ennesimo topolino partorito dal solito (lacerato) elefante. Tra tutte le coalizioni sociali tentate dalla FIOM infatti, questa è senz'altro la più banale e di conseguenza sarà la meno incisiva degli ultimi decenni. Ecco spiegato - quindi - il perché sia la più pompata in assoluto. Tanto è vero che si cerca di contrastare in ogni modo la saldatura tra la FIOM, i sindacati di base, i "movimenti" e la cosiddetta "sinistra radicale" istituzionale che, ogni qual volta si delinea tale possibilità - puta caso - vengono fuori sempre gli "incidenti" e i "terroristi" di turno, usciti da chissà dove, se non da una stampa (da Repubblica a RaiNews) del tutto allineata con l'asse Renzi/Troika/Confindustria che appunto chiama i nostri "terroristi" e "giovani, studenti o popolo" i manifestanti stranieri che tanto fanno comodo alle dittature democratiche di un "west" dominato dai "mercati" finanziari. 

Massimiliano Buono (30 marzo 2015)

Il dibattito prosegue questa sera, 30 marzo 2015 - presso la “Casa delle Culture” in via San Crisogono, 45 a Roma (trastevere). A partire dalle ore 18:00 nella serata dedicata alla presentazione della nostra associazione di promozione sociale (APS) “LAVORO DIGNITA' DIRITTI"

IL PROGRAMMA: 
ore 18:00 - Introduzione a cura di Claudio Ortale 
ore 18:30 - “Faccia a faccia” con Giorgio Cremaschi – Forum Diritti Lavoro, con Teodoro Synghellakis - autore del libro: “Alexis Tsipras. La mia Sinistra” - Coordina il dibattito Andrea Fioretti;

ore 20:30 - Pizza e buffet; 

ore 21:00 - Spettacolo teatrale “Belle Bandiere” di Lorenzo Misuraca e con Emiliano Valente.

mercoledì 18 marzo 2015

Produci Consuma (uccidi) Crepa

Non è facile ma necessario. Sottrarsi a modelli imperniati sull'accaparramento di beni e potere, smania compulsiva indotta nell'individuo contemporaneo,  cui non possiamo guardare solo come al prodotto fisiologico della pressione esercitata dai valori dominanti sull’immaginario collettivo alterato dalle droghe di una comunicazione infarcita di esortazioni a competere, a crescere, a produrre  per consumare, essere duttili, efficienti, giovani, belli (discutibilissimo) e  veloci. C'è anche il nostro, personalissimo contributo in tutto ciò. Un contributo fatto di pigrizia (più mentale che fisica), deficit culturale e di riflessione, sui nostri più profondi valori e sui nostri bisogni primari. Siamo voluti entrare nel futuro come fosse un gioco a premi virtuale e individuale, dove tutto deve concorrere a farci essere sempre più soli, diffidenti ed egoisti. L’unica coesione ammessa sembra essere quella del branco dei predatori. C'è qualcosa che non va in tutto questo. Oppure come dice giustamente una mia amica, homo homini "lupi"?

giovedì 12 marzo 2015

Più voyeurismo e potere per tutti

Quando da ragazzetto ebbi l'occasione di studiare quel poco di diritto che una professoressa con poca voglia di insegnare è riuscita involontariamente a trasmettermi, ricordo che mi colpì il paradigma tra usi, consuetudini e leggi dello Stato. Teorema dai contorni più antropologici che giuridici e forse proprio per questo motivo la ricordo ancora bene. Un'idea un po' banale se vogliamo ma come tutte le banalità, si rivela decisamente vera ad ogni svolta. Comportamenti, usi e consuetudini appunto che da tali si trasformano man mano in leggi dello Stato. E voyeurismo e potere non fanno ovviamente eccezione. Ecco allora finalmente il precedente che mancava. Adesso tutti i politici potranno, con animo sereno, dare ordini opachi ad altrettanto grigi funzionari di PS di ogni grado. Intanto puttanieri e "papy" incalliti, sempre in cerca di carne fresca, potranno candidamente negare la conoscenza dell'età di lolite di ogni dove: "non la sapeva nemmeno il presidente del consiglio, perchè mai dovrei saperla io?"

mercoledì 11 marzo 2015

Sarà VERO

"VERO" compra "l'Unità" Al posto delle logorroiche pagine culturali ci sarà un inserto dedicato allo shopping, con le scimmie d'acqua e gli occhiali di Gramsci a raggi X. All'interno il poster della Boschi senza veli e la prima puntata del fotoromanzo "Larghe Intese", protagonisti gli astri nascenti Nunzia De Girolamo e Francesco Boccia. Non perdete la prima uscita (di senno).