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giovedì 10 luglio 2014

Fratture interne a "Die Linke": pronta a sacrificare la lotta per la pace, contro la NATO e ad allearsi con l'SPD

AC | solidarite-internationale-pcf.over-blog.net
Traduzione per resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
30/06/2014
Ex vetrina del Partito della Sinistra Europea (PSE), la Die Linke (La Sinistra) ha il piombo sulle ali. Non solo non incarna un'alternativa alla socialdemocrazia tradizionale, ma la sua svolta a destra è sempre più evidente, anche sull'elemento identitario della lotta per la pace.
Al di là dei comunisti, per i progressisti, per i militanti tedeschi della sinistra, la lotta per la pace è essenziale in un paese dove militarismo e imperialismo hanno sempre accompagnato le peggiori forme di dominio del capitale, di cui il nazismo è stato l'apice.
Die Linke ha liquidato la maggior parte della eredità del movimento comunista in Germania in favore di una concezione istituzionale, riformista, pronta ad alleanze con la socialdemocrazia, all'adesione alla UE capitalista. Ma almeno la lotta contro la guerra, contro l'imperialismo, sembrava rimanere come elemento identitario.
Invece le resistenze della "Die Linke" cessano agli squilli di tromba del governo tedesco che con una svolta militarista, moltiplica gli interventi della Bundeswehr (esercito tedesco) in Africa, e si attiva anche sul fronte orientale ucraino.
Certo, la Linke non ha una posizione del tutto omogenea su questa questione identitaria. Emergono distinte frazioni, legate principalmente ai suoi deputati, in un partito a vocazione parlamentare.
Un deputato della Linke al centro della riformulazione della politica estera militarista tedesca
Il giovane lupo Stefan Liebich fa parte degli attuali "riformatori": l'ala destra favorevole a un riorientamento della politica della Linke verso l'accompagnamento della svolta militarista della RFT. Deputato, è membro della Commissione per gli affari esteri del Bundestag.
Liebich è anche un membro di spicco di varie ONG specializzate in "aiuti allo sviluppo", nelle "missioni umanitarie", come l'ONG "Help", indirettamente legata al governo tedesco, ma anche all'"Atlantik-Brücke" (Atlantic Bridge), ONG che promuove lo sviluppo dell'atlantismo attraverso scambi tra le élite americane e tedesche.
Due settimane fa, Liebich, ha partecipato con il deputato verde Jurgen Trittin e la SPD Hildegaard Buhlman ad una riunione per stabilire "le prospettive di una politica comune per la pace" da cui, secondo Liebich, è scaturita la "plausibilità" di un accordo tra i tre partiti, in vista di un futuro accordo di governo.
Liebich aveva già contribuito, nell'autunno, alla redazione di un testo "Politica estera di sinistra: prospettive di riforma", avanzando l'idea nella sinistra di "nuove responsabilità internazionali" per la Germania, con il sostegno agli "interventi umanitari" all'estero e il rafforzamento del "partenariato transatlantico" con gli Stati Uniti.
Ancora in gennaio, Liebich ha firmato un documento con la deputata verde Brugger, incoraggiando lo sviluppo delle missioni militari tedesche all'estero "sotto mandato internazionale" in un'ottica "umanitaria". Umanitaria a colpi di bombe!
Liebich aveva anche sostenuto il dispiegamento della Bundeswehr nel Mediterraneo nel mese di aprile.
Una parte dei deputati della Linke pronti a sostenere una missione della Bundeswehr all'estero, in Siria!
I "riformatori" non si accontentano di parlare. Nel mese di aprile hanno sdoganato un tabù della Linke: la questione del sostegno degli interventi della Bundeswehr all'estero.
Negli ultimi mesi, l'esercito tedesco ha accelerato l'attuazione della sua Weltpolitik, la sua politica globale, arrivando a sostenere la Francia in Mali e in Centro Africa.
Ha inoltre dispiegato una missione militare nel Mediterraneo. Una fregata con a bordo 300 soldati per effettuare il disarmo delle armi chimiche in Siria, in collaborazione con gli Stati Uniti.
Con il falso pretesto della minaccia delle "armi chimiche" e della necessità dell'intervento umanitario, Gregor Gysi - uno dei "riformatori", leader del Partito della Sinistra Europea (PSE) - aveva tentato il colpo di forza rinnegando uno dei principi fondativi della Linke: "Nessuna missione all'estero".
Il sostegno dichiarato alle manovre imperialiste in Siria, alla politica aggressiva della Germania non ha ottenuto il sostegno della maggioranza dei membri della Die Linke: 35 hanno votato contro, 18 si sono astenuti e cinque hanno votato per questa missione all'estero, rivelando una frattura alla testa del partito.
Questa non è la prima volta che il partito si divide sulla questione della pace.
Sul sostegno alla "Freedom Flotilla" di solidarietà con Gaza nel giugno 2011, diversi deputati della Linke sostenevano attivamente l'iniziativa mentre Gysi, e una decisa minoranza parlamentare, la stigmatizzavano come una campagna antisemita e violenta.
La direzione della Linke aveva allora proposto una mozione per vietare la partecipazione degli eletti nella Linke alla "Freedom Flotilla" per Gaza, in nome della lotta contro l'"antisemitismo". Complessivamente 19 deputati avevano rifiutato di obbedire a tale risoluzione, mentre 57 accettarono.
Ricordiamo che Gysi aveva, al 60° anniversario dello Stato di Israele, dichiarato: "L'antisionismo non può, o almeno non può più essere una posizione difendibile per la sinistra in generale e per il partito della Linke in particolare.
Nel marzo 2012, la Linke ha persino osato sostenere le elezioni presidenziali di Beate Klarsfeld, amico personale di Nicolas Sarkozy, noto per la sua zelante difesa del sionismo, nella versione di destra più estrema, più brutalmente colonialista.
Divisioni sull'Ucraina: i "riformisti" e Gysi in difficoltà
Le ambiguità deliberate, le smaccate negazioni, i calcoli sottili usati per l'Ucraina dai "riformisti" non hanno raggiunto il loro obiettivi.
Infatti, in una prima fase, la direzione centrista della Linke con la penna dei centristi (di destra), Bernd Reixinger, Katja Kipping e Gregor Gysi, ha sottoscritto una dichiarazione il 2 marzo che si attestava pressoché sulla posizione adottata dal PSE.
Fingendo di porre sullo stesso piano i due belligeranti, lanciavano nel documento un appello al governo tedesco e ai dirigenti europei della UE, che hanno "un ruolo diplomatico significativo da giocare", invocando il governo di Kiev a una "inversione", senza far riferimento alla massiccia presenza di fascisti alla sua testa.
Questa posizione è stata subito contestata da diversi deputati, fedeli a certe posizioni storiche della sinistra sulla pace, in particolare per opera di Sevim Dagdelen e Sarah Wagenknecht, che hanno puntato il dito sulla presenza fascista nel governo ucraino, entrando in aspro conflitto con i Verdi parlamentari. Questa rivolta della frazione parlamentare della Linke da "sinistra" ha costretto il capogruppo Gregor Gysi, a correggere il tiro, con mozioni parlamentari e interventi mediatici, maggiormente critici sulla politica occidentale e sugli sviluppi del governo ucraino.
Il suo intervento in Parlamento il 13 giugno, si è rivelato molto più equilibrato, critico sul ruolo dell'UE e della NATO, anche se si rammaricava, con ispirazione gorbacheviana, di non includere Russia e Ucraina nella "casa comune europea" (sic!).
Questo non ha impedito a Gysi, assieme alla direzione bifronte Rexinger/Kipping, di prendere le distanze pubblicamente dal membro della Linke, Sevim Dagdelen che aveva osato il 4 giugno denunciare con forza l'ipocrisia dei verdi e del socialdemocratico Ministro degli Esteri.
Poi ha fatto una citazione forte, prendendo a prestito Bertolt Brecht: "Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente". Perché se Gysi è pronto a tutto per preservare l'unità del partito, è tuttavia una linea di "riforma dell'UE" e della "NATO" in una prospettiva di governo "rosso-rosa-verde" a cui aspira per il 2017.
Riformare la NATO? La nuova moda della Linke!
Negli ultimi mesi, Gregor Gysi ha iniziato la sua opera di rottamazione nel partito per smussare le tradizionali posizioni antimperialiste della sinistra tedesca.
L'esito della lotta ha portato alla ridefinizione del programma per le elezioni europee. Due sono gli obiettivi raggiunti da Gysi: (1) cancellare la rivendicazione di uscita della Germania dalla NATO; (2) rimuovere l'identificazione della UE come un "blocco militarista, neoliberista e fondamentalmente antidemocratico".
Queste due posizioni presumibilmente sostenute dalla sinistra del partito sono state effettivamente cancellate dal programma del partito senza sollevare una vera lotta interna, rivelando un sostanziale consenso dietro il dibattito pubblico.
Ricordiamo che Gregor Gysi era stato preso con le mani nel sacco cinque anni fa, quando Wikileaks ha rivelato i suoi colloqui segreti con l'ambasciatore americano a Berlino nel 2009, durante i quali lo rassicurava sul carattere innocuo degli slogan della Linke, sacrificando il ritiro concreto della Germania dalla NATO con l'astratto e irrealistico scioglimento della NATO.
Nell'ottobre 2013, il dirigente del partito Katja Kipping si era spinta ancora più lontano in pieno scandalo intercettazioni degli Stati Uniti. Aveva denunciato l'atteggiamento degli Stati Uniti che "danneggia irreparabilmente l'architettura di sicurezza nella regione del patto Atlantico".
Deplorava inoltre il fatto che la Merkel avesse realizzato troppo tardi che "gli Stati Uniti non vogliono un'Europa forte" (Sic) appellandosi a una trasformazione della NATO in un "partenariato trans-atlantico per la pace".
L'alleanza con la SPD nel 2017: l'obiettivo dichiarato dei "riformisti" della Linke
Questa è l'idea che sta dietro le manovre di Gysi volte a riposizionare la politica estera nei confronti del consenso militarista dominante: preparare una coalizione di "sinistra plurale", "rosa-rosso-verde" per il 2017.
Secondo gli osservatori, l'ostacolo principale rimane la politica estera tedesca: tra SPD e Verdi che favoriscono una politica di piena adesione alla NATO, all'UE, alle missioni all'estero, al riarmo tedesco, e la Linke, con una presunta posizione critica verso questa politica.
Gysi, in una recente intervista su Deutschlandfunk, ha insistito su questo punto: "Vogliamo un accordo sulla politica estera, come sulla difesa, con i nostri partner di sinistra".
A tal fine, Gysi è pronto a vedere miraggi: "Penso che la SPD abbia compreso che gli interventi in Afghanistan, Jugoslavia, Iraq, Libia non siano state delle risposte, anzi hanno invece esacerbato la tensione".
Una considerazione che ha dell'incredibile, visto che il ministro degli Esteri Steinmeier, della SPD, sta conducendo la politica estera più aggressiva dell'ultimo mezzo secolo: la SPD nella "grande coalizione" con la CDU, sostiene gli interventi in Mali, Siria, Centrafrica!
Ma in tutte queste interviste, sorge inevitabilmente la domanda sulla coalizione di sinistra nel 2017. Gysi risponde sempre prudente ma per lui: "non saranno in politica estera i fattori di maggior disaccordo".
Un modo intelligente per dire che per trovare un accordo, sarà sufficiente un passo reciproco (in fin fine, un passo della Linke verso il consenso atlantista, bellicista!). Tutti gli occhi sono ormai rivolti alla Turingia dove l'appuntamento elettorale delle regionali di autunno potrebbe vedere l'elezione di un presidente della "Die Linke", Bodo Ramelow, con i voti della SPD e dei Verdi. Una prefigurazione della "sinistra plurale" per il 2017.
Secondo Gysi, questo fatto rappresenta "un momento importante per la sinistra in Germania". Il leader verde locale, Katrin Goring-Eckardt, da un lato, ha accolto con favore il lavoro di Gysi, rallegrandosi di un "partito che ha liquidato l'eredità del SED [Partito socialista unificato tedesco]" per diventare un "vero partito socialdemocratico". Dall'altro, ha espresso preoccupazione per la posizione di alcuni membri della Linke, ostacolo per una coalizione sia a livello regionale che nazionale.
Va ricordato che la SPD attualmente governa Turingia... con i conservatori della CDU!
Si comprendono i giochi di equilibrio di Gysi, che si vede già Ministro degli Esteri della Germania dopo essere stato burocrate e dissidente della DDR, aggiustando la linea a seconda dell'opposizione interna, lanciando palloncini di prova per far convergere la sua politica estera verso le posizioni europeiste, militariste e atlantiste di SPD e Verdi.
Ma il popolo tedesco merita molto di più che i suoi calcoli politici, ha bisogno di una organizzazione politica rivoluzionaria, una organizzazione di lotta che dica chiaro e forte: mai più guerre, mai più rinascita del militarismo e dell'imperialismo tedesco!

martedì 8 luglio 2014

TUTTI CONTRO TUTTI? NO, CONTRO UNO..

I preparativi per la Settimana dell’Odio erano in pieno fervore e l’intero personale dei Ministeri prestava la sua opera volontaria al di fuori dell’orario di lavoro. Si dovevano organizzare cortei, riunioni, parate militari, conferenze, apprestare pannelli didascalici in cera, preparare spettacoli cinematografici e programmi televisivi. Si dovevano montare tribune, costruire effigi, coniare slogan, comporre canti, far circolare notizie false, contraffare fotografie. Al Reparto Finzione era stato disposto che la squadra di Julia interrompesse la produzione di romanzi per stampare in tutta fretta una serie di libelli sulle atrocità commesse dal nemico.“ [1984, George Orwell]
Stavolta il capro espiatorio, rituale ebraico (sic!) è Marino che non sarò certo io a difendere.. ma il PD romano, regista dietro le quinte dell'operazione "fuoco amico sul sindaco", ne esce ancora una volta indenne. Tra scaltri attori e figuranti paraculi in malafede e ingenui e superficiali coreuti da strapazzo.. i palazzinari ed i poteri forti del commercio e della mala, se la caveranno anche stavolta senza un graffio. Le mummie della cultura che si rivoltano contro le piramidi della politica. Scontro tra tétani ospitato sul palcoscenico de la Repubblica (che non è quella di Platone) ma in realtà è un tiro a segno ad un bersaglio immobile, una levata di scudi (anzi di frecce) che ricorda tanto la Hate Week di orwelliana memoria. La Settimana dell'Odio, nel 1984 immaginato da Orwell nel 1948, consisteva infatti in una settimana di raduni, convegni, riunioni ed altri eventi pubblici organizzati in tutta l'Oceania con lo scopo di incrementare l'odio dei prolet e dei membri del Partito contro i nemici interni. Ora, lungi da me l'idea di voler togliere dai guai l'elefante marino in oggetto, siamo proprio certi che il problema sia (tutto) lì? E' preoccupante che la disoccupazione preoccupi meno delle occupazioni, parlando del Valle, dell'Angelo Mai (citando le più in vista) ma non è che si sta cercando di strumentalizzare delle lotte autentiche e giuste e che queste ultime sottovalutino in tal senso l'abbraccio mortale di personaggi come Lavia e Placido che nelle torbide acque del limbo tra potere e cultura hanno sguazzato per decenni e che probabilmente, vi si continuano a nutrire indisturbati, crescendo a dismisura come pesci siluro nel lago di Balaton? Allora, da brave persone come Medici e soprattutto dai militanti e dagli occupanti attivi m'aspetterei, se non altro per maggiore completezza ed incisività, un attacco anche e soprattutto ai veri mandanti (il PD romano lo conosciamo da anni), più che esclusivamente e direttamente al sindaco che ha senz'altro le sue colpe che non sono poche, a cominciare dalla sua scelta di farsi candidare da chi di candido ha solo il collo della camicia. Ma chi si dice sinistra "radicale”, invece di fare i "selfie" davanti ad improbabili bar storici che di storico non hanno nemmeno una bottiglia, avessero sostenuto l'alternativa, invece che 'sta mummia, forse qualcosa sarebbe andata meglio. Ogni riferimento a SEL NON è puramente casuale.