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lunedì 3 giugno 2013

NON SONO PLATANI, SONO MILLE PAPAVERI ROSSI

Lo spettro del Kemalismo si aggira sulle terre di Anatolia, quasi un secolo dopo la Guerra di Liberazione guidata dal generale Moustafà Kemal, nel 2003 vi è stato in Turchia il colpo di Stato strisciante degli islamisti. Il “Partito dello Sviluppo e della Giustizia”, lo AKP del primo ministro Recep Tayyip Erdogan è un partito politico che ha fatto la scommessa di unificare tutte le confraternite religiose oscurantiste e settarie contro l’avanguardia repubblicana e laica. La setta islamista Fetullah Gulen ha fornito il più importante contributo alla presa del potere, mobilitando le sue reti infiltrate soprattutto nella polizia turca. Il Partito ha avviato, fin dal suo arrivo al potere, l’Operazione Ergenekon, che consiste nel mettere i kemalisti in condizione di non nuocere ai progetti di islamizzazione progressiva della società turca. L’esercito turco, scelto dal fondatore della Repubblica, Moustafà Kemal quale garante della laicità, è stato completamente smantellato attraverso processi truccati, detti “Processi Ergenekon”. Le personalità kemaliste sono regolarmente vittime di complotti fomentati dai servizi segreti turchi – il MIT – al servizio del potere islamista.
Ma il popolo turco non si fa ingannare…
La società civile (e laica) turca è stata la prima a denunciare fin dal 2003 il “Progetto di Grande Medio oriente” (BOP), predicato continuamente da Erdogan in Parlamento e nei media. La Turchia è stato anche il primo paese della road map del Pentagono a dovere essere rovesciato e governato da un governo islamista. Poi è stato il turno dell’Iraq e fin qui tutto è andato bene per gli scenografi della geopolitica del caos. La seconda tappa del progetto statunitense è conosciuta col nome di “primavera araba”. I governi tunisino, egiziano e libico sono caduti uno dopo l’altro ma è stato alle porte di Damasco che il Progetto del Grande Medio Oriente ha fallito sonoramente ed è proprio in Turchia che dovrà cominciare a fare marcia indietro.
“Erdogan, dimissioni!”
“La Turchia è laica e lo resterà!”
“Siamo tutti Moustafà Kemal”
Gli slogan echeggiano in tutte le città turche. Istanbul, Ankara, Smirne, Mersin sono scosse dalla marcia di milioni di manifestanti che invitano a prendere il potere con la forza, nei social network e nelle piazze e non è solo il parco. Tutti i media nazionali censurano gli avvenimenti per timore di rappresaglie e reazioni di indignazione dellopinione pubblica internazionale. Alcune località sono state addirittura private della corrente elettrica. La gigantesca mobilitazione esprime un profondo rifiuto dell’ideologia islamo-liberale dell’AKP ma la stampa internazionale sembra non volersene accorgere, leggete cosa si dice: 
“Dall’estrema sinistra alla destra nazionalista, è tutto l’arco politico turco che si è unito, il taglio di diversi alberi nel parco Gezi, posto nell’omonima piazza, ha provocato in un primo tempo, lunedì, una reazione di rabbia degli abitanti” (La Nouvelle Répubblique).  Ecco i media occidentali e come descrivono gli avvenimenti attuali, come sono stati ridotti i fatti dagli pseudo giornalisti, soprattutto dell’AFP (Agenzia France Presse).
In realtà l’AKP non è mai stato accettato dalla società turca. Senza il sostegno della logistica USA nella presa e nel mantenimento del potere, gli islamisti non avrebbero resistito nemmeno 24ore alla pressione dei laici. Oggi il progetto di urbanizzazione della città di Istanbul è solo “la goccia che fa traboccare il vaso”. Con tutto il rispetto per Gerzi Parki ed i suoi meravigliosi alberi e monumenti, l’attuale gigantesca mobilitazione in Turchia esprime un rifiuto profondo dell’ideologia dell’AKP islamo-liberista di Erdogan. Quella che alcuni stupidi analisti vicini alla linea del Pentagono definiscono un “esempio per tutto il Medio Oriente” e che è costretta a prendere atto del suo fallimento. “Islamo-conservatrice” o moderata, dicono di essa. In realtà si tratta di islamo-liberismo. L’islamismo per la regressione e il caos interno ed il liberismo per il saccheggio delle ricchezze da parte del capitale internazionale.
Vi è dunque un fallimento dell’islamismo in Turchia, ma anche del liberismo estremista.
In Siria, l’alleanza statunitense-islamista ha sbattuto contro la fortezza baathista.
In Turchia scaveremo le loro tombe
(*) Le citazioni in grassetto/corsivo, sono il frutto di una mia sommaria traduzione di frasi tratte da “Primavera Turca”: il ritorno di Moustafà Kemal” un articolo di Innanç Kutlu (Segretario generale aggiunto del CCN) 

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