non
voterò la lista 'L'Altra Europa'. Il dato oramai è drammaticamente
certo e ne prendo dolorosamente atto ovvero, un voto a Rifondazione,
ancora una volta sedotta e abbandonata da una lista che la esclude da
tutto, tranne che dalla raccolta delle firme, in nome del
'parlamentarismo' a tutti i costi, non riuscirà a mutare il segno
politico ed economico di questa vergognosa e terribile europa
ultracapitalista ed imperialista a livelli da guerra fredda. Non
riesce e non riuscirà mai, senza una visione decisamente antagonista
ed altrettanto politica che sia nettamente orientata verso l'uscita
dall'euro, l'azzerameto del debito, la negazione dei trattati, votata
al radicale cambiamento del sistema economico e sociale ed alla
ricostruzione dal basso dei valori e della necessità del conflitto
di classe. “L'Altra Europa per Tsipras" è una lista di
farloccchi, comunisti pentiti e scaldapoltrone di ogni risma e che
ingloba personaggi ed aree senza alcuna affinità, creando dissidi e
fuoriuscite da destra e da sinistra, dissidi e fuoriuscite che
ovviamente selezionano i meno esposti dal punto di vista ideologico,
tendenziamente i caccia-poltrone. Ingloba tutto e tutti, no-global
inteneriti dalle manganellate anni '90, para-comunisti, finanche i
più ortodossi filo-NATO (vedi la situazione Ucraina) e soprattutto
agguerriti europeisti tout court, sostenitori della moneta unica e,
guarda caso, primi firmatari della lista stessa. Una lista
preconfezionata, come ho più volte evidenziato anche durante la sua
costruzione che, anche a detta di Tsipras, doveva essere “dal
basso”, è tenuta insieme con lo sputo e che purtroppo ha il solo
scopo, più o meno involontario di servire su un piatto d'argento una
porzione, seppure ristretta, di voti pro-euro, sottraendoli ai
movimenti cosiddetti “populisti”, in molti casi di destra che
stanno occupando, colpa della cosiddetta “sinistra radicale”,
tutte le posizioni di lotta dal basso contro la troika ed il sistema
banche-finanza-capitale. Non è obbligatorio partecipare a queste
elezioni farsa che legittimano questa unione europea trasformatasi
nell'unione di guerrafondai, aguzzini e banchieri che sono insieme
l'incubo dei popoli. Torno a dire quindi che, tra un partito
comunista, anti-capitalista schietto e critico verso l'euro e
l'europa e la ambigua posizione di una lista definita cautamente 'di
sinistra' eurocentrica ed eurofanatica, sceglierei senza alcun dubbio
la prima opzione che però, purtroppo non c'è. Siamo infatti di
fronte ad uno scenario già più volte vissuto in Italia e che si
ripropone anche in vista delle elezioni europee, complice sicuramente
il sistema elettorale maggioritario, lontanissimo ancora oggi dal
democratico concetto di “rappresentanza” e confermato anche dal
recente e tardivo pronunciamento della Corte Costituzionale. Ma
in questo scenario, a modesta eccezione fatta ad un piano per il
lavoro mai realmente avviato, i concetti espressi da una forza come
Rifondazione, quale teorica portatrice isituzionale dei valori della
sinistra anti-capitalista, tendenzialmente e per natura definiti
“radicali”, stando invece a ciò che “la gente” afferma man
mano che “l'effetto crisi” si apre varchi anche attraverso la
borghesia meno ideologizzata e più attenta per così dire al
“materiale”, nel Paese ed in Europa sono sempre più decisamente
maggioritari. L'obiettivo primario di Rifondazione che dovrebbe
qualificare la campagna elettorale del Partito su contenuti di classe
ed in particolare sui temi del lavoro (oggetto doimenticato anche dai
dibattiti ormai, nonostante il congresso CIGL in corso..), conferendo
alla lista un profilo chiaramente antagonistico al capitalismo
europeo, si sia di nuovo smarrito, in favore di un appiattimento
delle proprie posizioni più conflittuali su quelle moderate e
soprattutto sul civismo antipartitico per il quale invece si fanno
figli e figliastri.Quello dei M5S è populista, Spinelli & Co.
sono invece degli "intellettuali. Il punto però è un partito
come Rifondazione dovrebbe conquistare ed esercitare, oltre
l'egemonia dei concetti, delle idee e dei valori, anche quella
politica. Questo come brevemente spiegavo all'inizio, non lo si
ottiene con la soppressione della questione sindacale, oramai assente
anche dal dibattito, oltre che dalla lista Tsipras, nonostante sia in
pieno svolgimento il congresso CGIL - ma con la chiara definizione
del ruolo che i comunisti devono svolgere di fronte all'attacco che i
lavoratori, schiacciati dalla crisi e dalle politiche di austerità,
stanno subendo su tutti i fronti e che di fatto, impedisce ai
lavoratori, ai precari, ai disoccupati, a tutti gli sfruttati, di
avere una rappresentanza, consegnando il Parlamento, o ciò che ne
rimarrà, nelle mani di quelle forze politiche, organiche al
capitalismo, espressione degli interessi delle classi dominanti con
le quali si crede ingenuamente di poter fare addirittura patti e
liste unitarie. Ecco perchè invece era necessario ed urgente aprire
una riflessione sullo snaturamento del sindacato e sulla deriva
corporativa che la segretaria Camusso ha impresso alla CGIL, con la
firma di una serie di accordi padronali, da quello del 28 giugno 2011
a quello del 10 gennaio 2014 che, presi nel loro insieme,
costituiscono un combinato disposto per abbassare le tutele dei
lavoratori ed inibirne gli strumenti di lotta. Per un partito
comunista, non è una questione di poco conto, ma una priorità,
interrogarsi su quanto si sta muovendo all'interno del sindacato e
del mondo sommerso del lavoro sempre più precario e ricattato. La
bassa partecipazione dei lavoratori e la disaffezione nei
confronti di un sindacato che ha abdicato al suo ruolo conflittuale e
di reale rappresentanza delle istanze dei lavoratori; l'assenza di
democrazia e di trasparenza nella fase congressuale; la subalternità
al PD; la rinnovata intesa con CISL e UIL; l'arroccamento burocratico
e la chiusura ad un confronto dialettico con i movimenti e con le
realtà attive sui territori; e, soprattutto, il processo di
"normalizzazione" interna volto a schiacciare ogni forma di
dissenso, tanto quello di un posizione radicalmente alternativa, come
quella espressa dal secondo documento congressuale, quanto quella di
una categoria, come la FIOM, circa il Testo Unico del 10 gennaio.
Poi, tornando al tema elezioni, vi è la cronicità della pessima
gestione delle “crisi di panico pre-elettorali” come puntualmente
accade ogni volta anche se con alcune differenze, con esempi come le
liste arcobaleno, rivoluzione civile e ora l'altra europa, cedendo
all'incanto (o al canto) di chi languido si crogiola nell'immobilismo
della ricerca costante, l'alchimia delle sigle, dell'unione della
“sinistra”, sperando di non trovarla mai tra l'altro poichè la
cosa non gioverebbe di certo al proprio unico lavoro, degno della più
scaltra delle Penelope che però, sostisuisce l'amore per Ulisse a
quello per la poltrona. No, quella egemonia di cui sopra, necessaria
a far ripartire il dialogo tra le lotte sociali e la politica del
consenso e del governo dei Popoli, si ottiene al contrario,
attraverso un coerente e deciso lavoro, facendo crescere con costanza
momenti e movimenti di verità tra le persone, in particolare creando
una connessione forte e democratica, di ascolto reciproco tra la
politica, i movimenti operai e studenteschi ed i ceti non protetti
e/o tartassati che spesso coincidono anche con i cosiddetti
“analfabeti di ritorno”. Ci vuole coraggio e pazienza. E qualche
burocrate in meno.
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mercoledì 19 marzo 2014
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