Grazie all’amico e compagno Massimiliano Martelli, riporto alla luce un dettagliato
articolo di Susan George* tradotto all'epoca da F.Sabelli per “Le Monde Diplomatique”, nel settembre del 1996. Uno studio sulla formazione del cosiddetto "pensiero unico" il quale, tracciando una mappa dei complessi rapporti di potere basati soprattutto su donazioni e finanziamenti, attraverso lobbies e fondazioni, tra capitale, neo-liberismo, comunicazione e università, ci riconsegna un perimetro che racchiude anche quello che all'epoca era l'embrione dell'odierna sinistra liberale. Un articolo ormai quasi maggiorenne ma di grande attualità, tranne per un risvolto determinante che, se all'epoca era ancora marginale o meglio, meno evidente, oggi si manifesta in tutta la sua dirompente efficacia. Ad indurre la riflessione è appunto il fatto che se il Capitalismo (economico e finanziario) fa e ha sempre fatto il suo mestiere, la cosa che ha determinato la condizione posta dall'articolo ovvero il "pensiero unico" è stato il progressivo ed inesorabile cedimento sul terreno dei diritti e non solo, da parte della sinistra socialdemocratica, a partire soprattutto dagli anni successivi alla caduta del muro. In Italia una parte (quella numericamente più consistente) dell'ex Partito Comunista Italiano appunto, guidata dalle scelte scellerate del gruppo dirigente, ha avviato, compiuto e ormai concluso, un ciclo di trasformazione liberista, protetto dalle eventuali critiche da anni (circa 20) in cui i suoi elettori erano fatalmente distratti dal fantoccio di Berlusconi. Durante questo lungo periodo di distrazione sociale e volendo tralasciare tutta la vicenda legata alla loggia P2, si sono succeduti studi e modalità di trasversali incontri tematici sfociati nella nascita di fondazioni le quali, se non saranno mastodonticamente finanziate come quelle americane (Ford), riescono a catalizzare finanziamenti pubblici e privati con entità di tutto rispetto (Vedrò). Come non attribuire allora la colpa della situazione in cui ci si trova, non tanto a "intellettuali" liberisti che fanno esattamente il loro dovere, esercitando un potere mediatico che certo non aveva bisogno dell'aiuto di Repubblica, tanto per fare l'esempio di quello che in questi anni è stato considerato un giornale di sinistra, soltanto perché si è opposto a Mediaset/Mondadori/Berlusconi per meri interessi di bottega, o dell'avallo di economisti, editorialisti, opinionisti, tutti rigorosamente anti-berlusconiani ma al contempo, prodi (Prodi..) difensori di quello che chiamiamo appunto "pensiero unico". Tra questi intellettuali liberisti, uno tra quelli che hanno ricevuto la migliore ospitalità ed un trattamento di particolare riguardo, vi è sicuramente Milton Friedman che Max cita giustamente quando parlai della famigerata "scuola di Chicago". E' in quella Univeristà statunitense infatti che "Milton Uomofritto" ha costruito la propria fama, insegnando l'economia come fosse strategia militare ma, per concludere appunto il mio pensiero, ricordo che in quella università si sono formati molti dei rampolli della classe dirigente e del management odierni (parlo di ministri e sottosegretari tecnici, amministratori delegati e manager di area non berlusconiana), oltre che ovviamente molti rampolli di quella materia informe che si è data come segretario tale Matteo Renzi, l'americano (quasi) a Roma ed il suo “Job Act”. >>>LEGGI L'ARTICOLO DI SUSAN GEORGE<<<
* Direttore associato, Transnational Institute, Amsterdam
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