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Traduzione
per resistenze.org
a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
30/06/2014
Ex
vetrina del Partito della Sinistra Europea (PSE), la Die Linke (La
Sinistra) ha il piombo sulle ali. Non solo non incarna un'alternativa
alla socialdemocrazia tradizionale, ma la sua svolta a destra è
sempre più evidente, anche sull'elemento identitario della lotta per
la pace.
Al
di là dei comunisti, per i progressisti, per i militanti tedeschi
della sinistra, la lotta per la pace è essenziale in un paese dove
militarismo e imperialismo hanno sempre accompagnato le peggiori
forme di dominio del capitale, di cui il nazismo è stato l'apice.
Die
Linke ha liquidato la maggior parte della eredità del movimento
comunista in Germania in favore di una concezione istituzionale,
riformista, pronta ad alleanze con la socialdemocrazia, all'adesione
alla UE capitalista. Ma almeno la lotta contro la guerra, contro
l'imperialismo, sembrava rimanere come elemento identitario.
Invece
le resistenze della "Die
Linke"
cessano agli squilli di tromba del governo tedesco che con una svolta
militarista, moltiplica gli interventi della Bundeswehr (esercito
tedesco) in Africa, e si attiva anche sul fronte orientale ucraino.
Certo,
la Linke non ha una posizione del tutto omogenea su questa questione
identitaria. Emergono distinte frazioni, legate principalmente ai
suoi deputati, in un partito a vocazione parlamentare.
Un
deputato della Linke al centro della riformulazione della politica
estera militarista tedesca
Il
giovane lupo Stefan Liebich fa parte degli attuali "riformatori":
l'ala destra favorevole a un riorientamento della politica della
Linke verso l'accompagnamento della svolta militarista della RFT.
Deputato, è membro della Commissione per gli affari esteri del
Bundestag.
Liebich
è anche un membro di spicco di varie ONG specializzate in "aiuti
allo sviluppo", nelle "missioni umanitarie", come
l'ONG "Help", indirettamente legata al governo tedesco, ma
anche all'"Atlantik-Brücke" (Atlantic Bridge), ONG che
promuove lo sviluppo dell'atlantismo attraverso scambi tra le élite
americane e tedesche.
Due
settimane fa, Liebich, ha partecipato con il deputato verde Jurgen
Trittin e la SPD Hildegaard Buhlman ad una riunione per stabilire "le
prospettive di una politica comune per la pace" da cui, secondo
Liebich, è scaturita la "plausibilità" di un accordo tra
i tre partiti, in vista di un futuro accordo di governo.
Liebich
aveva già contribuito, nell'autunno, alla redazione di un testo
"Politica estera di sinistra: prospettive di riforma",
avanzando l'idea nella sinistra di "nuove responsabilità
internazionali" per la Germania, con il sostegno agli
"interventi umanitari" all'estero e il rafforzamento del
"partenariato transatlantico" con gli Stati Uniti.
Ancora
in gennaio, Liebich ha firmato un documento con la deputata verde
Brugger, incoraggiando lo sviluppo delle missioni militari tedesche
all'estero "sotto mandato internazionale" in un'ottica
"umanitaria". Umanitaria a colpi di bombe!
Liebich
aveva anche sostenuto il dispiegamento della Bundeswehr nel
Mediterraneo nel mese di aprile.
Una
parte dei deputati della Linke pronti a sostenere una missione della
Bundeswehr all'estero, in Siria!
I
"riformatori" non si accontentano di parlare. Nel mese di
aprile hanno sdoganato un tabù della Linke: la questione del
sostegno degli interventi della Bundeswehr all'estero.
Negli
ultimi mesi, l'esercito tedesco ha accelerato l'attuazione della sua
Weltpolitik, la sua politica globale, arrivando a sostenere la
Francia in Mali e in Centro Africa.
Ha
inoltre dispiegato una missione militare nel Mediterraneo. Una
fregata con a bordo 300 soldati per effettuare il disarmo delle armi
chimiche in Siria, in collaborazione con gli Stati Uniti.
Con
il falso pretesto della minaccia delle "armi chimiche" e
della necessità dell'intervento umanitario, Gregor Gysi - uno dei
"riformatori", leader del Partito della Sinistra Europea
(PSE) - aveva tentato il colpo di forza rinnegando uno dei principi
fondativi della Linke: "Nessuna missione all'estero".
Il
sostegno dichiarato alle manovre imperialiste in Siria, alla politica
aggressiva della Germania non ha ottenuto il sostegno della
maggioranza dei membri della Die Linke: 35 hanno votato contro, 18 si
sono astenuti e cinque hanno votato per questa missione all'estero,
rivelando una frattura alla testa del partito.
Questa
non è la prima volta che il partito si divide sulla questione della
pace.
Sul
sostegno alla "Freedom Flotilla" di solidarietà con Gaza
nel giugno 2011, diversi deputati della Linke sostenevano attivamente
l'iniziativa mentre Gysi, e una decisa minoranza parlamentare, la
stigmatizzavano come una campagna antisemita e violenta.
La
direzione della Linke aveva allora proposto una mozione per vietare
la partecipazione degli eletti nella Linke alla "Freedom
Flotilla" per Gaza, in nome della lotta contro
l'"antisemitismo". Complessivamente 19 deputati avevano
rifiutato di obbedire a tale risoluzione, mentre 57 accettarono.
Ricordiamo
che Gysi aveva, al 60° anniversario dello Stato di Israele,
dichiarato: "L'antisionismo non può, o almeno non può più
essere una posizione difendibile per la sinistra in generale e per il
partito della Linke in particolare.
Nel
marzo 2012, la Linke ha persino osato sostenere le elezioni
presidenziali di Beate Klarsfeld, amico personale di Nicolas Sarkozy,
noto per la sua zelante difesa del sionismo, nella versione di destra
più estrema, più brutalmente colonialista.
Divisioni
sull'Ucraina: i "riformisti" e Gysi in difficoltà
Le
ambiguità deliberate, le smaccate negazioni, i calcoli sottili usati
per l'Ucraina dai "riformisti" non hanno raggiunto il loro
obiettivi.
Infatti,
in una prima fase, la direzione centrista della Linke con la penna
dei centristi (di destra), Bernd Reixinger, Katja Kipping e Gregor
Gysi, ha sottoscritto una dichiarazione il 2 marzo che si attestava
pressoché sulla posizione adottata dal PSE.
Fingendo
di porre sullo stesso piano i due belligeranti, lanciavano nel
documento un appello al governo tedesco e ai dirigenti europei della
UE, che hanno "un ruolo diplomatico significativo da giocare",
invocando il governo di Kiev a una "inversione", senza far
riferimento alla massiccia presenza di fascisti alla sua testa.
Questa
posizione è stata subito contestata da diversi deputati, fedeli a
certe posizioni storiche della sinistra sulla pace, in particolare
per opera di Sevim Dagdelen e Sarah Wagenknecht, che hanno puntato il
dito sulla presenza fascista nel governo ucraino, entrando in aspro
conflitto con i Verdi parlamentari. Questa rivolta della frazione
parlamentare della Linke da "sinistra" ha costretto il
capogruppo Gregor Gysi, a correggere il tiro, con mozioni
parlamentari e interventi mediatici, maggiormente critici sulla
politica occidentale e sugli sviluppi del governo ucraino.
Il
suo intervento in Parlamento il 13 giugno, si è rivelato molto più
equilibrato, critico sul ruolo dell'UE e della NATO, anche se si
rammaricava, con ispirazione gorbacheviana, di non includere Russia e
Ucraina nella "casa comune europea" (sic!).
Questo
non ha impedito a Gysi, assieme alla direzione bifronte
Rexinger/Kipping, di prendere le distanze pubblicamente dal membro
della Linke, Sevim Dagdelen che aveva osato il 4 giugno denunciare
con forza l'ipocrisia dei verdi e del socialdemocratico Ministro
degli Esteri.
Poi
ha fatto una citazione forte, prendendo a prestito Bertolt Brecht:
"Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi,
conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente". Perché se
Gysi è pronto a tutto per preservare l'unità del partito, è
tuttavia una linea di "riforma dell'UE" e della "NATO"
in una prospettiva di governo "rosso-rosa-verde" a cui
aspira per il 2017.
Riformare
la NATO? La nuova moda della Linke!
Negli
ultimi mesi, Gregor Gysi ha iniziato la sua opera di rottamazione nel
partito per smussare le tradizionali posizioni antimperialiste della
sinistra tedesca.
L'esito
della lotta ha portato alla ridefinizione del programma per le
elezioni europee. Due sono gli obiettivi raggiunti da Gysi: (1)
cancellare la rivendicazione di uscita della Germania dalla NATO; (2)
rimuovere l'identificazione della UE come un "blocco
militarista, neoliberista e fondamentalmente antidemocratico".
Queste
due posizioni presumibilmente sostenute dalla sinistra del partito
sono state effettivamente cancellate dal programma del partito senza
sollevare una vera lotta interna, rivelando un sostanziale consenso
dietro il dibattito pubblico.
Ricordiamo
che Gregor Gysi era stato preso con le mani nel sacco cinque anni fa,
quando Wikileaks ha rivelato i suoi colloqui segreti con
l'ambasciatore americano a Berlino nel 2009, durante i quali lo
rassicurava sul carattere innocuo degli slogan della Linke,
sacrificando il ritiro concreto della Germania dalla NATO con
l'astratto e irrealistico scioglimento della NATO.
Nell'ottobre
2013, il dirigente del partito Katja Kipping si era spinta ancora più
lontano in pieno scandalo intercettazioni degli Stati Uniti. Aveva
denunciato l'atteggiamento degli Stati Uniti che "danneggia
irreparabilmente l'architettura di sicurezza nella regione del patto
Atlantico".
Deplorava
inoltre il fatto che la Merkel avesse realizzato troppo tardi che
"gli Stati Uniti non vogliono un'Europa forte" (Sic)
appellandosi a una trasformazione della NATO in un "partenariato
trans-atlantico per la pace".
L'alleanza
con la SPD nel 2017: l'obiettivo dichiarato dei "riformisti"
della Linke
Questa
è l'idea che sta dietro le manovre di Gysi volte a riposizionare la
politica estera nei confronti del consenso militarista dominante:
preparare una coalizione di "sinistra plurale",
"rosa-rosso-verde" per il 2017.
Secondo
gli osservatori, l'ostacolo principale rimane la politica estera
tedesca: tra SPD e Verdi che favoriscono una politica di piena
adesione alla NATO, all'UE, alle missioni all'estero, al riarmo
tedesco, e la Linke, con una presunta posizione critica verso questa
politica.
Gysi,
in una recente intervista su Deutschlandfunk,
ha insistito su questo punto: "Vogliamo un accordo sulla
politica estera, come sulla difesa, con i nostri partner di
sinistra".
A
tal fine, Gysi è pronto a vedere miraggi: "Penso che la SPD
abbia compreso che gli interventi in Afghanistan, Jugoslavia, Iraq,
Libia non siano state delle risposte, anzi hanno invece esacerbato la
tensione".
Una
considerazione che ha dell'incredibile, visto che il ministro degli
Esteri Steinmeier, della SPD, sta conducendo la politica estera più
aggressiva dell'ultimo mezzo secolo: la SPD nella "grande
coalizione" con la CDU, sostiene gli interventi in Mali, Siria,
Centrafrica!
Ma
in tutte queste interviste, sorge inevitabilmente la domanda sulla
coalizione di sinistra nel 2017. Gysi risponde sempre prudente ma per
lui: "non saranno in politica estera i fattori di maggior
disaccordo".
Un
modo intelligente per dire che per trovare un accordo, sarà
sufficiente un passo reciproco (in fin fine, un passo della Linke
verso il consenso atlantista, bellicista!). Tutti gli occhi sono
ormai rivolti alla Turingia dove l'appuntamento elettorale delle
regionali di autunno potrebbe vedere l'elezione di un presidente
della "Die Linke", Bodo Ramelow, con i voti della SPD e dei
Verdi. Una prefigurazione della "sinistra plurale" per il
2017.
Secondo
Gysi, questo fatto rappresenta "un momento importante per la
sinistra in Germania". Il leader verde locale, Katrin
Goring-Eckardt, da un lato, ha accolto con favore il lavoro di Gysi,
rallegrandosi di un "partito che ha liquidato l'eredità del SED
[Partito
socialista unificato tedesco]" per diventare un "vero
partito socialdemocratico". Dall'altro, ha espresso
preoccupazione per la posizione di alcuni membri della Linke,
ostacolo per una coalizione sia a livello regionale che nazionale.
Va
ricordato che la SPD attualmente governa Turingia... con i
conservatori della CDU!
Si
comprendono i giochi di equilibrio di Gysi, che si vede già Ministro
degli Esteri della Germania dopo essere stato burocrate e dissidente
della DDR, aggiustando la linea a seconda dell'opposizione interna,
lanciando palloncini di prova per far convergere la sua politica
estera verso le posizioni europeiste, militariste e atlantiste di SPD
e Verdi.
Ma
il popolo tedesco merita molto di più che i suoi calcoli politici,
ha bisogno di una organizzazione politica rivoluzionaria, una
organizzazione di lotta che dica chiaro e forte: mai più guerre, mai
più rinascita del militarismo e dell'imperialismo tedesco!