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George GROSZ - "Eclisse di Sole" (olio su tela) - 1926 |
Trovo la situazione attuale del nostro Paese in una fase che non esiterei a definire di “occupazione economica” che meriterebbe davvero un CLN, un nuovo Comitato di Liberazione Nazionale. Ecco perché sarei assolutamente favorevole ad un ritorno alla sovranità nazionale, politica e monetaria, così come alla nazionalizzazione delle risorse primarie e delle imprese e compagnie quotate in borsa, come provvedimenti immediati per dare corso a questa uscita dall’euro sistema ma, anche se trovo peraltro corretta la necessità di una costituente, basata su pochi punti e che abbia come cornice la Costituzione Repubblicana (antecedente alle ultime modifiche in materia economica, fino all’odioso di pareggio di bilancio) reputo prematuro porla innanzi ad altre questioni più urgenti e lacune progettuali in questo senso. Ora, uscendo dalle mie convinzioni ideologiche e personali, voglio analizzare queste lacune da un punto di vista razionale, utilizzando possibilmente anche dei dati certi. Ciò che infatti mi rende perplesso rispetto al progetto di uscita dall’euro immediata nel suo complesso, per come la sento trattare da molti anche autorevoli esponenti di questa posizione, è la compressione fino allo zero di due punti, tra loro secondo me in relazione che meriterebbero uno sviluppo adeguato e che vanno razionalmente ed oggettivamente posti davanti a tutto il resto.
1) Il primo punto, “Uscita dall’euro - Le fasi”
Parto dal presupposto che l’uscita dall’euro prevede sostanzialmente tre fasi.
a) La prima è la proposta.
Argomentata e scientifica, con la quale si avanza tale ipotesi. Uscendo dai salotti elitari e dai gruppi di studio di macro e micro economia, dentro e fuori le università nazionali e internazionali, ci si pone l’obiettivo di arrivare al coinvolgimento di nuovi “militanti” o “persone chiave” le quali, in possesso di una alfabetizzazione medio-alta e magari già attive ed inserite in ambienti di lavoro/studio/attività politiche e/o di aggregazione tematiche, dovranno costituire con la loro azione aggregante, gruppi di costruzione dell’informazione “alternativa” e di ricerca capillare del consenso all’interno dei loro ambiti, trovando anche soluzioni al problema dell’autofinanziamento e del fundraising/ crowdfunding, poiché, senza risorse economiche il progetto non va molto lontano. Tali gruppi poi, una volta creati e attivati, lavoreranno in equipe per permettere e favorire la diffusione di tali informazioni tra le fasce “popolari” interessate che costituiscono già un terzo livello e che a quel punto dovrebbero sviluppare, guidate da un progetto politico ben chiaro e definito, la costituzione di un pensiero di “governo” alternativo all’esistente.
b) La seconda fase è l’uscita.
Essa quindi, dovrebbe prevedere tempi, modalità e strategia per attuare quello che è il fulcro del programma ovvero la effettiva uscita dall’euro con ritorno al conio nazionale.
c) La terza ed ultima fase è il consolidamento.
La realizzazione di questa che si potrebbe chiamare appunto “Costituente della contro-restaurazione” è l’attuazione di misure e politiche economiche connesse al cambio di Stato con provvedimenti immediati a protezione sia della neonata moneta nazionale che a difesa immediata del potere di acquisto interno della stessa, soprattutto rispetto alle fasce più deboli ed esposte alla povertà. Esattamente il contrario di ciò che è avvenuto al tempo dell’entrata in vigore della moneta unica (euro).
Chiarite le tre fasi, vanno analizzate le possibilità effettive di realizzazione . La fattibilità di tale progetto, non può prescindere innanzi tutto dalla consapevolezza del punto in cui ci si trova, rispetto a queste tre fasi e ai fattori determinanti la situazione odierna. Bene, a tale proposito posso affermare che, rispetto alla mia percezione della situazione, ci troviamo in piena prima fase ovvero la “proposta” (uscita dallo studio elitario e coinvolgimento di persone chiave nella formazione di gruppi di opinione), esattamente localizzati cioè, tra la prima e la seconda parte di quello che è il percorso descritto in questo paragrafo.
2) Secondo punto “Situazione Odierna - Le imminenti elezioni europee”
Stabilito questo e tralasciando per il momento il discorso incentrato sul percorso delle tre fasi, bisogna fare i conti anche con i tempi contingenti e la situazione odierna, come dicevamo nel suo complesso, dal punto di vista politico e mediatico, al di fuori appunto dal nostro percorso immaginato. Il primo appuntamento da considerare come determinante, rispetto al percorso intrapreso, sono a mio avviso le imminenti elezioni europee. Siamo di fronte ad una palese sospensione o peggio, sottrazione di democrazia e ad una innegabile inconsistenza politica di questa Unione Europea e di conseguenza della componente istituzionalmente più nobile, la quale dovrebbe formalmente rappresentare i cittadini, nell’esercizio del potere legislativo ovvero il suo Parlamento, rispetto alla BCE e al FMI che invece esercitano di fatto una costante restrizione dello spazio di esercizio democratico e azione critica dei cittadini. La cupola formata da banche private ed investitori finanziari senza scrupoli, né appartenenza ideologica o politica, se non quella del potere e del denaro, utilizza, attraverso una uniformità di pensiero falso-riformista e sistemi elettorali esclusivi e inversamente proporzionali alla rappresentatività reale, le destre liberiste e le socialdemocrazie subalterne in un sistema maggioritario che rende statico il confronto politico, fino ad annullare ogni differenza sostanziale dal cosiddetto “pensiero unico” a direzione iper-liberista. Spinti dalle lobbies di alta finanza e grande industria questi governi tecnici, di larghe intese, grosse koalition e via dicendo, stanno attuando un piano di svendita totale di risorse di proprietà pubblica (beni comuni), allo scopo di rendere sempre meno titolari di diritto le persone, trasformando i “cittadini” in utenti o peggio, “clienti”. Per quanto ci siamo più volte ripetuti, a ragione intendo, sulla inesistenza di una sovranità popolare europea e la tragica e progressiva perdita di sovranità popolare nazionale per l’appunto, non possiamo trascurare l’appuntamento delle elezioni, nascondendoci dietro il fatto che il Parlamento Europeo “non conta nulla” oppure semplicemente (ed in modo velleitario), rivendicare un ritorno alla sovranità nazionale snobbando le elezioni europee. Commetteremmo secondo me due errori. Nel primo caso si otterrebbe una sicura e incontrastata affermazione sia delle destre liberiste che delle socialdemocrazie subalterne, trovandoci all’indomani di dette elezioni, a fronteggiare uno schieramento ulteriormente rafforzato e compatto, rappresentato appunto dai due schieramenti principali. Nel secondo caso, si porgerebbe una sponda di contatto inutile e pericolosa a quelle destre nazionaliste e xenofobe le quali, nella storia, hanno sempre utilizzato “la pancia”, il ventre molle del populismo più egoista e ottuso, con argomenti fittizi e fuorvianti come la religione e la terra dei padri, la discriminazione razziale ed il falso dualismo chiuso tra intellettuali e uomini d’azione, rappresentando, seppure camuffati inizialmente i reali propositi reazionari con posticci intenti sovversivi e feticci pseudo-rivoluzionari rosso-neri, i cani da guardia sociali del potere che anche oggi, come nel passato, ci troviamo a fronteggiare nelle sue diverse ed aggiornate caratteristiche.
Oltre a ciò, merita una necessaria parentesi anche l’aspetto culturale più diffuso della revisione o involuzione democratica, meno estremista ma comunque dannoso; è il fenomeno del leaderismo. Fenomeno antropologico ampio e globale, eternamente presente nella cultura e nella storia di tutti i Popoli di tutti i continenti, con molte diverse origini, inclinazioni e modalità di affermazione. In questo contesto, parlo di quello contemporaneo, di tradizione per lo più anglosassone, il quale caratterizza ormai il pensiero dominante nella società ergo, nella politica. Esso si evidenzia nella sua espressione europea ed occidentale, in senso geopolitico. Ciò è evidente nel mainstream italiano dove per esempio, a dispetto della farsa delle primarie del Partito Democratico che meriterebbero un discorso a parte, la presunta socialdemocrazia, riformista e liberale è stata investita in toto dall’americanissima piramide forzitaliota (ieri Berlusconi, oggi Renzi, etc.). La cosa inquietante però, è rappresentata dal fatto che la definizione delle caratteristiche e la conseguente scelta o “costruzione” del presunto “leader” è divenuto ormai argomento principale del contendere, anche nelle forze politiche tradizionalmente inclini a tutt’altre pratiche di diffusione del pensiero e costruzione democratica e orizzontale del consenso. A conferma di questa analisi, basti guardare, per restare in Italia, alle premesse e gli sviluppi dei recenti congressi di Rifondazione Comunista da una parte e del più grande sindacato italiano di ispirazione socialista dall’altra, la CGIL. Questo fenomeno, per quanto apparentemente marginale rispetto al nostro discorso, è invece portatore di segnali la cui codifica è di fondamentale importanza per evitare che una vera proposta alternativa, nasca già infetta da diversi virus che ne condizionerebbero il sano e robusto sviluppo. A prescindere dalla sig.ra Camusso che è una eccezione che ci saremmo volentieri risparmiati, il non trascurabile fatto è che nove volte su dieci, la donna in quanto tale resta penalizzata da questa “selezione” per via di una concezione ancora basata su una inconscia e/o malcelata presunzione di superiorità oggettiva dell’uomo su di essa. Un altro di questi “virus” è la “durata effimera della memoria storica”, dopo di che abbiamo la “vulnerabilità”. Spiego meglio anche questi ultimi due. Anche e soprattutto in caso di affermazione e di successo, se si concentra su di un leader la totalità di una filosofia o un pensiero, di una proposta politica e la vita stessa di un movimento o un partito, la rimozione postuma, da parte di coloro che mirano a contrastarlo, di quei presupposti che ne hanno determinato la naturale affermazione, sarà facilitata dal fatto di poterli identificare in una sola figura esposta, umanamente limitata e fragile, ancorché mortale. Quel pensiero che di per sé dovrebbe invece contenere dispositivi di aggiornamento, restando dentro immutabili ed immortali valori ed essere sempre e comunque contestualizzabile e attuabile dalle nuove generazioni, verrà trascinato così dal fallimento del suo unico leader (rappresentante). Il terzo elemento virale del leaderismo imperante, è anch’esso legato alla vulnerabilità, fisica e mediatica del leader stesso. E’ di strategica e fondamentale importanza, lo sviluppo orizzontale del pensiero e l’assenza di bersagli fisici e/o mediatici esposti singolarmente, poiché, questi mutuerebbero la loro vulnerabilità a tutto ciò che rappresentano. Infatti, la concentrazione di tutti gli elementi fondanti un movimento in una sola persona, abilita un sistema corrotto, ad attivare operazioni (mediatiche o militari) che, annientando lui, attraverso la calunnia mediatica, l’eliminazione fisica o entrambe le cose insieme, annienta di colpo tutto il movimento, vanificando la sua naturale aspirazione al consolidamento nell’ambito di sviluppo della società.
Riprendendo il discorso delle elezioni politiche europee, dopo la parentesi ampia ma necessaria sul leaderismo dei nostri tempi e luoghi comuni, mi sembra di poter ripartire da un punto, supportato come dicevo prima, da alcuni inconfutabili dati. Non ci sono partiti o liste che sostengano l’immediata uscita dall’euro e la risoluzione contestuale dei trattati europei, ad esclusione di alcune formazioni politiche per lo più contrarie alla convenzione di Schengen, cristiano-fondamentaliste, nazional-populiste, neonaziste, fasciste e xenofobe le quali, nonostante abbiano mediamente un consenso che si aggira intorno al 16-18%, con picchi del 25-30% (Front National in Francia e Austria, UdC svizzera; PPD danese, PdP in Norvegia, PdL olandese, Jobbic in Ungheria, “Democratici” di Svezia, Ataka in Bulgaria, Alba Dorata in Grecia, per finire con la Grande Romania e la Lega Nord nostrana). Non vedo nell’immediato e nemmeno all’orizzonte, liste candidate alle elezioni in oggetto, tradizionalmente progressiste, di sinistra o civiche che mettano come punti centrali del loro programma l’uscita dall’euro ed il ritorno alla sovranità monetaria nazionale, lo stralcio dei trattati di Maastricht, Lisbona e del cosiddetto fiscal compact, la nazionalizzazione delle banche e delle grandi industrie e società quotate in borsa, a favore di politiche interne di sostegno alla piena occupazione, alla spesa sociale intesa come investimento in beni e servizi per i cittadini ed il rilancio di una economia locale. No, non ne vedo proprio. Tra l’altro, anche nel panorama ristretto alle destre suddette, si può notare che, se e quando esse esprimono una chiara avversione alla moneta unica ed a “l’europa delle banche”, perdono posizioni di 10-15 punti percentuali nei rispettivi Paesi, a fronte di quelle che viceversa, lasciando in secondo piano le politiche economiche e monetarie, mettono al primo posto gli argomenti più impattanti la “pancia” del proprio elettorato, notoriamente sensibile alle stimolazioni mediatiche, attraverso le solite pretestuose politiche restrittive per la libera circolazione delle persone e l’immigrazione dai Paesi extra-europei. Se ne deduce quindi che, il consenso rispetto alla euro exit strategy in oggetto, potrebbe avere in futuro un potenziale consenso popolare ma al momento patisce due elementi negativi. Essi sono:
1) Scarsa e inadeguata rappresentanza politico-istituzionale la quale si attesta comunque attorno al 10-12% su scala europea;
2) Carenza culturale, mal supportata da una poco autorevole ed attendibile informazione, dovuta ad una scarsa e confusa copertura mediatica della proposta economica “anti-euro”, in assenza del pensiero politico che dovrebbe sostenerla.
Questi due elementi negativi sono strettamente collegati tra loro dalla fisiologica “lottizzazione” proporzionale dei media che contribuisce a limitarne la costruzione del necessario consenso diffuso.
Alla luce di questa analisi della situazione contingente, dovuta all’appuntamento elettorale europeo, poco o nulla trattato al convegno di Chianciano, viene di conseguenza la conclusione che, se la fase "exit" dall'euro e le sue premesse non sono ancora chiare e non hanno al momento uno sbocco politico ed elettorale di riferimento alle europee, si renderebbe quantomeno plausibile il formulare ed attivare un piano B, vista la condivisibile analisi di "emergenza democratica".
Al netto di queste mie riflessioni e considerazioni, nonostante io ribadisca la condivisione della necessità (riassumo brevemente) del recupero della funzione politica monetaria, economica e sociale del popolo sovrano, secondo i princìpi della Costituzione antifascista e democratica, attraverso l’uscita dall’euro e dai trattati e l’annullamento del debito, concludo affermando che alle prossime Elezioni per la formazione del nuovo Parlamento Europeo, sosterrò e voterò il candidato presidente della Sinistra Europea Tsipras, augurando a tutti coloro che lo voteranno e alle liste che lo sosterranno, il più grande successo possibile. Non è quel colpo, quella rivoluzione democratica che dovrebbe rompere definitivamente gli schemi dei quali siamo purtroppo soggetti passivi ma che come ho spiegato, al momento non mi sembra possibile armare, ma un primo passo, una porta aperta verso un’uscita a sinistra dalla situazione terribile in cui versa la classe lavoratrice nel nostro Paese, inserito in una Europa così difficile da rifondare.