La Gestioni Romeo spa gestirà, senza alcuna gara
d'appalto, la vendita di alloggi popolari, immobili di pregio e
caserme a Roma. Il colosso privato infatti, si occuperà dell'intero
processo di alienazione dell'edilizia pubblica residenziale (Erp), nonostante il parere negativo dell'avvocatura del dipartimento
Patrimonio, secondo cui esternalizzare i servizi porterebbe solo
costi aggiuntivi all'amministrazione (quindi a noi).
Ora, se la notizia fosse "solo" questa, in una capitale
qualunque basterebbe a far dimettere mezza Giunta, peccato però
che a Roma, fino adesso, le cose stiano andando un po' diversamente
ed il parere negativo dell'avvocatura è addirittura l'ultimo
dei problemi. Ricorderete infatti che la società di Alfredo Romeo,
finita più volte nelle cronache giudiziarie, l'avevo già citata in
un articolo precedente dal titolo "EQUITALIA ...LA DEMAGOGIA
ALLA FRUTTA" -
http://maxbuono.blogspot.it/2013/05/non-e-da-equitalia-che-dobbiamo.html
-
Il nome della Gestione Romeo spa si riaffaccia ora alle
cronache con questa (..nuova ma non troppo..) opportunità e così vediamo come la stessa Spa a
cui il sindaco Alemanno nel 2008 negò il maxi-appalto per la
manutenzione delle strade, (già approvato precedentemente dalla
giunta Veltroni), oggi può contare su un'assegnazione diretta
decisamente più redditizia e blindata. Evidentemente le amicizie e
le relazioni di Romeo, già dai tempi della Iervolino a Napoli e di
Rutelli e Veltroni, si consolidano anche con la Giunta Alemanno. Mal
comune mezzo gaudio? In questo caso direi mal (in) Comune male
(tutto) nostro.
Sottopongo allora alla vostra attenzione, la
versione integrale di un articolo che fortunantamente avevo archiviato, pubblicato
nel febbraio 2012 da Riccardo Rosa, in cui si ripercorrono le vicende
di questa perla di società, esempio emblematico del livello di
collusione tra l'imprenditoria corrotta e certa amministrazione
pubblica tutta nostrana. Buona lettura:
"Il progetto
è di quelli sensazionali: prendi trentasettemila metri quadrati, nel
caso specifico quelli della cosiddetta “insula” che si estende
più o meno dall’area del porto di Napoli fino al teatro Mercadante
(l’area Ex-dogana); poi riqualifica la zona, anzi falla
riqualificare (parcheggi, aree verdi, infrastrutture, e naturalmente
palazzi a gogò) dal costruttore più noto e più discusso della
città; last but not least, concedi all’intera area una sorta di
federalismo municpale, più o meno lo status di gruppi di “condomini
autorganizzati” (parole del costruttore di cui sopra), capaci di
superare la “mastodontica burocrazia nazionale”.
La
proposta, forse potevate intuirlo, arriva direttamente da Alfredo
Romeo, che sta provando a convicere il sindaco de Magistris a
estinguere in questo modo l’enorme debito che il comune ha nei
confronti delle sue aziende. Il sindaco per ora nicchia, ma la
macchina degli sponsor del principe del mattone, si è nel frattempo
attivata. Mentre qualche supporter del sindaco invita a riflettere
sull’anarchia condominiale in nome della democrazia partecipativa,
e persino qualche urbanista prende seriamente in considerazione la
cosa, il direttore di uno dei giornali più importanti della città
tira la volata al delirante progetto, esortando il sindaco (fino a
ieri nemico n.1) a impugnare l’arma del decisionismo per dare la
svolta necessaria.
Anche noi tiriamo così la nostra
volata, e per rinfrescare la memoria a tutti i protagonisti di questa
storia - lettori inclusi -, riproponiamo un articolo pubblicato nel
numero di febbraio 2012, in cui si ripercorre la storia (giudiziaria)
di Alfredo Romeo.
Periodicamente, più o meno ogni tre
quattro anni, c’è qualche tribunale che si occupa delle vicende e
degli affari di Alfredo Romeo, l’uomo che gestisce, per conto del
comune di Napoli, l’impero (in clamorosa decadenza) dell’edilizia
pubblica partenopea. L’ultima volta, nel 2008, era stato l’appalto
del cosiddetto Global Service a richiamare l’attenzione dei
magistrati: l’inchiesta si chiamava MagnaNapoli e la cifra
incassata per la manutenzione delle strade cittadine (altro business
parecchio redditizio) era di quattrocento milioni di euro. Nel corso
di quell’inchiesta, Romeo finì anche in carcere, con l’accusa di
associazione a delinquere e corruzione, ma al termine del processo,
la condanna a due anni arrivò solo per quest’ultimo capo d’accusa,
nonostante ben dodici fossero le imputazioni.
Quattro
anni prima, nel 2004, i problemi per l’imprenditore nato a
Cesa (provincia di Caserta) avevano riguardato proprio la gestione
del patrimonio immobiliare del comune di Napoli, la fetta
probabilmente più grossa dell’enorme giro di affari gestito dalle
aziende del gruppo. La Sezione regionale di controllo della Corte dei
conti, infatti, aveva rivolto alla giunta comunale partenopea una
formale richiesta a vigilare sull’attività dell’azienda Romeo
Gestioni, in particolare in riferimento all’altissimo tasso di
morosità da parte dei contribuenti. Tralasciando le quisquilie come
l’accusa per abusivismo edilizio (risalente al 2003), per la quale
un giudice – Bruno Schisano, che avrebbe esercitato pressioni nei
confronti di alcuni colleghi al fine di favorire l’assoluzione di
Romeo – ha ricevuto dal Csm un trasferimento a effetto immediato, i
guai giudiziari dell’imprenditore (in affari anche nel settore
alberghiero e in quello editoriale) sono di tutt’altro che
recenti.
Andiamo ancora indietro nel tempo: 2002,
assoluzione dall’accusa di corruzione e truffa. Erano gli anni in
cui il consigliere comunale di AN, Rosario Concordia, dichiarava che
Romeo aveva la capacità di «risolvere i problemi lavorativi delle
famiglie di molti consiglieri». Ancora, si torna al problema casa:
nel 2000 Romeo si salva in calcio d’angolo, quando la Cassazione
dichiara prescritto, dopo le condanne in primo e secondo grado, il
reato di corruzione grazie al quale l’imprenditore aveva ottenuto,
a suon di mazzette, il suo primo appalto (1989) per gestire il
patrimonio immobiliare del comune di Napoli. Da allora la Romeo
Gestioni non ha più tolto le mani da questo enorme giro d’affari,
allargandolo, anzi (dal 1997) alla gestione del patrimonio
immobiliare della città di Roma. Per quest’ultima, ha ottenuto un
appalto record (quasi seicento milioni per nove anni) nel
2005.
Tornando a Napoli, va detto che nel 2001, il
sindaco Iervolino, in uno scatto d’orgoglio da campagna elettorale,
aveva promesso una seria verifica sull’operato della Romeo
Gestioni, in particolar modo rispetto alla totale assenza di
manutenzione degli edifici di edilizia residenziale pubblica. Romeo,
però, non incassò minimamente il colpo, e riuscì a capovolgere la
situazione: a seguito di una denuncia per inadempienza contrattuale,
riuscì a far condannare il Comune a un enorme risarcimento. La
conseguenza fu che da palazzo San Giacomo, spaventati per il rischio
corso, rinunciarono definitivamente al riscorso in appello.
La
storia è così andata avanti fino al Global Service, quando la
faccia oscura delle aziende targate Romeo, è venuta fuori
prepotentemente. Nel 2005, nel frattempo, la stessa Iervolino aveva
pensato bene di rinnovare per sette anni il contratto in questione (a
dire il vero fu tutt’altro che un colpo di mano, dato che il
provvedimento fu approvato all’unanimità), contratto in scadenza
tra pochi mesi, e che mai in questi anni è stato messo in
discussione, nonostante le palesi inadempienze dell’azienda. Tutto
questo, probabilmente, anche alla luce dell’enorme credito che la
Romeo vanta nei confronti del Comune, credito per il quale la stessa
Romeo ha posto sotto tutela, a titolo cautelativo, una parte
consistente del patrimonio immobiliare pubblico.
Siamo
finalmente giunti ai giorni nostri. Il nuovo sindaco de Magistris ha
in più occasioni (soprattutto durante la campagna elettorale)
attaccato il sistema messo su dall’imprenditore napoletano, ed è
atteso al varco, da molti, per verificare se finalmente la giunta
riuscirà a liberarsi del fardello Romeo, o continuerà a servirsi
delle sue aziende per gestire il proprio patrimonio immobiliare. Il
cambiamento, in realtà, sarebbe obbligato, tanto più che nel mese
di gennaio, ancora una volta, le forze dell’ordine si sono
interessate dell’operato della Romeo Gestioni. L’azienda, in
sintesi, sarebbe infatti colpevole di aver causato al comune un danno
di oltre ottantasette milioni di euro, scaturito dalla mancata
riscossione dei canoni, dagli elevati compensi attribuiti ai legali
dell’azienda (gli unici a guadagnarci nelle operazioni di rateizzo
dei crediti, dal momento che raramente riescono a strappare delle
condizioni favorevoli di rientro per palazzo San Giacomo), e persino
da un incentivo di “buona gestione”, attribuito all’azienda che
invece non ne avrebbe, alla luce di quanto detto finora, tecnicamente
alcun titolo.
Intanto, mentre la questione assume
contorni sempre più critici, e gli elementi per nuove vicende
giudiziarie si concretizzano (un capitolo a parte potrebbe riguardare
le ditte a cui vengono subappaltati i lavori di manutenzione), del
nuovo bando per la futura gestione degli immobili ancora non c’è
traccia. Romeo, che potrebbe solo trarre vantaggio dalla
pubblicazione di un bando all’ultimo secondo, per ora gongola. Un
po’ meno gli inquilini delle case popolari, così come le casse del
comune, che riescono nell’impresa di restare vuote anche quando
potrebbero contare su un bel po’ di soldi che da anni gli spettano,
e invece non arrivano mai."